In evidenza

Una giustizia alta e altra

Recensione del volume “Una giustizia alta e altra” della professoressa Maria Martello

A cura di Carlo Alberto Calcagno

Quando si legge un saggio di Maria Martello ci si rende subito conto che ogni parola pesa, ogni frase è densa di significato di per sé e in quanto rimando ad una sapienza antica, ogni capitolo è un estremo sforzo per gettare verso l’alto una cattedrale di significati, un disegno allo stesso tempo in bianco e nero e colorato di quello che non è e potrebbe invece essere una civile convivenza.

Cosí è per “Una giustizia alta e altra” che appunto, già dal titolo, fornisce l’idea di voler lasciare in basso l’attuale imperfetto apparato di regolazione dei conflitti, per un altro, quello di una mediazione che però si distacca enormemente dal concetto che in questo decennio è arrivato agli operatori del settore. Non parliamo poi di quello che è giunto al cittadino o al giudice. Ciò che noi abbiamo conosciuto non ha niente a che fare con gli scritti del Nuovo Testamento e l’Episcopalis Audientia che l’autrice ricorda, non a caso, al termine della monografia.

Ma per comprendere a pieno questi richiami la professoressa Martello, ci indica il viaggio filosofico-umanistico.

Non si può iniziare dal modello mercantile di deflazione del contenzioso che ci ha lasciato la scuola di Harvard (peraltro non nato per la gestione delle controversie ma per i rapporti endo-imprenditoriali) se si voglia comprendere il mondo della mediazione, né dalla sola psicologia che ha comunque fornito ottimi strumenti al mediatore (pensiamo ad es. alla parafrasi); dobbiamo necessariamente cominciare il viaggio da qualcosa di molto più antico che non si traduce solo nei preziosi contributi dei filosofi che tutti conosciamo, ma da un modello che seppure l’autrice non citi esplicitamente, è quello del matriarcato che è riuscito per migliaia di anni, ad attuare una perfetta sintesi del razionale e dell’irrazionale.

È un mondo di idee e di esperienze che già c’è stato e che va solo evocato e riscoperto: non è una nuova ricetta di incerta applicazione.

Quello che noi giuristi chiamiamo consenso all’utilizzo di un determinato strumento di risoluzione, è in realtà molto di più in mediazione, è la fiducia in un terzo mediatore affinché ci aiuti a lavorare con gli elementi razionali e irrazionali.

Non poteva la professoressa Martello non metterci in guardia a più riprese del fatto che un sistema, per dirsi evoluto, non può tralasciare (come l’attuale processo tralascia) gli elementi irrazionali che sono le radici del conflitto e che se non vengono esplorati non potrà darsi uno sviluppo armonico della pianta e dunque di futuri legami.

Perché la mediazione non può e non deve ridursi a chiudere un conflitto, ma è tesa (ed è stata tesa per millenni) a ripristinare legami.

La società ha bisogno di ripristinare i legami; non si può pensare che la legge – come spiega bene la Martello affidandosi al pensiero di Salvatore Natoli – possa costituire la panacea di tutti i mali, come invece la intendono gli uomini di questa civiltà.

I legami nascono dal confronto, dall’ascolto e come specifica deliziosamente l’autrice, dall’emulazione. Non vi può essere progresso senza emulazione, né oserei dire nascita di una nuova famiglia in seno al consorzio umano.

Ma chi sono i sapienti che possono riportare in auge questo sistema antico di vivere le relazioni? Gli avvocati nelle loro consulenze che devono coniugare il diritto con i veri bisogni dei loro clienti; coniugazione questa che può nascere solo dall’educazione all’ascolto del cliente (che immerso nel conflitto non è più capace di ascoltare).

Sono i giudici che per la loro posizione possono veramente ed efficacemente diffondere ed alimentare la cultura del confronto.

Il legislatore, infine, che deve riprendere dall’inizio il filo per entrare nel labirinto della mente umana e non accontentarsi di una mera deflazione del contenzioso; ciò comporta evidentemente una nuova formazione “alta ed altra”, che abbandoni le povere tecniche di gestione economica delle controversia. Non è il denaro che motiva l’uomo e che lo spinge a diventare migliore, una risorsa per la società, ma il riconoscimento completo di sé.

In evidenza

Eugenio Montale

Questo poeta si differenzia da Giuseppe Ungaretti perché in lui non c’è stato un mutamento formale[1] ed in secondo luogo perché in Montale non è cambiata l’ideologia: Ungaretti ha riscoperto la fede, Montale no[2].

Le idee di Montale, in una parola, sono già chiare dalle prime raccolte e vanno semplicemente approfondendosi con le ultime, attraverso un lento e schivo lavoro di scavo interiore.

Nato a Genova nel 1896 Eugenio Montale ha fatto qui gli studi classici[3]; iscrittosi alla facoltà di lettere ha dovuto interrompere l’università per la chiamata alle armi: partecipò come ufficiale di fanteria alla prima guerra mondiale[4].

Pochi sanno che voleva diventare cantante lirico ma abbandonò la professione dopo la morte del suo maestro, il baritone Ernesto Sivori[5].

Nel dopoguerra (1925) pubblicò la sua prima raccolta di versi, Ossi di Seppia.

Per una decina d’anni (dal ’27 al ’37) svolse le mansioni di direttore del “Gabinet­to scien­tifico letterario G.P. Vieusseux” a Firenze, ma ne venne allonta­nato per il rifiuto di iscriversi al partito fasci­sta.

Collabora intanto a varie riviste: Solaria, Pegaso, Lettera­tura e nel 1939 pubblica la sua seconda raccolta, Le occasioni.

Nel 1947 entra come redattore nel Corriere della Sera e quindi si trasferisce a Milano.

Nel 1956 pubblica un’altra raccolta, La bufera ed altro[6] (ricomprendente anche un’altra raccolta pubblicata nel ’43, Finisterre[7] ed altre poesie scritte tra il 1940 ed il 1944).

Nel 1967 Montale è nominato senatore a vita[8].

Pubblica due volte (nel ’66 e nel ’70) Satura; nel 1973 è la volta di Diario del ’71 e del ’72 e nel ’77 di Quaderno di quattr’anni.

Nel 1975 gli viene assegnato il premio Nobel per la lettera­tura[9].

Muore a Milano nel 1981.

Oltre all’attività poetica ha coltivato:

-la prosa: La farfalla di Dinard (prose e racconti)[10];

– le traduzioni: dall’inglese, soprattutto Eliot e Shakespeare[11];

– I saggi: raccolti nei seguenti volumi: Auto da fé, fuori di casa, Nel nostro tempo, Sulla poesia del 1976;

– la critica musicale[12].

                                                                        OPERE

Ossi di seppia (1925) contiene il materiale di dieci anni di attività poetica e colpisce per parecchi motivi:

1) per lo stile talvolta sentenzioso (epigrammatico), talvolta discorsivo, molto vicino a quello pascoliano o dei crepuscolari ( in anni in cui Ungaretti aveva portato prima 1) alla frantuma­zio­ne della parola 2) al recupero classicistico, v. a questo propo­sito anche La Ronda); uno stile in cui non disdegna di usare anche termini dialettali o tecnici; è uno stile, in definitiva, scabro, essenzia­le, antilirico che corrisponde appieno alla sua visione negativa della condizione umana.

2) Per la descrizione del paesaggio ligure che è privo delle seduzioni turistiche, quasi aspro (ad es. orto assetato; afa stagna; irti ramelli) addirittu­ra nel suo dimesso squallore (ad es. scalcinati muri)

Linguaggio e paesaggio servono al poeta per estrinsecare il suo mondo interiore, una concezione del vivere i cui elementi essenziali sono:

– una cupa angoscia esistenziale;

– un inflessibile rifiuto per le facili consolazioni;

– il male di vivere concepito come una prigionia da cui l’uomo non può sollevarsi;

La poesia non può indicare il modo per uscire da questa situazione (non domandarci la formula che mondi possa aprirci) ma può offrire solo qualche storta sillaba e secca come un ramo, cioè può solo trascrivere, rinvenendola negli oggetti, la condi­zione di un cosmico male di vivere.

La poesia è consapevolezza del non essere, del mancato realizzarsi dell’uomo (anche se nell’ultima parte della raccolta vi è la speranza di trasformare in inno l’elegia).

Mentre Ungaretti si affida all’analogia, Montale cerca di oggettivizzare la realtà e da questa oggettivazione trarne un simbolo (ad es. vivere per M. è seguitare una muraglia/ che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia); in altre parole l’unico modo per esprimere un sentimento è per Montale (sulla scia di Eliot) quello di trovare un correlativo oggettivo, degli oggetti, una situazione che divenga la formula di quella particolare emozione.

Anche se in questa raccolta c’è molta negatività, ciò non esclude la ricerca della positività da parte del poeta: la ricerca è però destinata al fallimento (la lotta tra l’impotenza e il coraggio è sempre presente nella poesia montaliana).

Questa ricerca affiora nel tentativo di cercare un varco (nei Limoni) nella maglia rotta/ che ci stringe; questo tentativo è sicuramente da ritrovarsi nella descrizione del mare (v. le liriche della sez. Mediterraneo) visto come termine positivo (vera e propria lezione di vita) cui il poeta tende invano perché egli sa di essere della razza di terra.

In altre parole, per tornare a quanto detto prima, in Montale il mare è l’oggettivazione, il simbolo di ciò che Montale vorreb­be essere e non è (Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale/ siccome i ciottoli che tu volvi/ mangiati dalla salsedine…/ Altro fui).            

Analizziamo brevemente due poesie tratte da questa raccol­ta:

– Non chiederci la parola[13] (1923): ha il valore di uno stato esistenziale non solo del poeta ma di un’intera generazione, di una profes­sione di fede negativa, ferma e lucida (si parla a proposito di teologia negativa); la poesia non può più dare certezze ma solo aride e contorte sillabe in cui è espressa tale negativa consape­volezza; l’uomo, la vita, la storia possono essere colti dalla parola solo nel non essere.

Tuttavia il rigore morale con cui Montale afferma il deserto della esistenza diviene norma morale: rifiuto di ogni facile consola­zione, di ogni mito; tutto ciò si traduce poi, nel pratico, in antifa­scismo militante (si trovano qui le idee gobettiane ed infatti la raccolta fu pubblicata nella Edizione Liberale di Pietro Gobetti).

– Spesso il male di vivere[14] (1924): una legge di sofferenza e di pena domina la vita e il poeta li coglie negli aspetti più dimessi, nel cavallo stramazzato, nella foglia riarsa e accartocciata, nel lamento quasi di creatura umana, di un ruscello strozzato; è un pianto delle cose che manifesta appunto il male di vivere; da notare il tema ripreso dai crepuscolari (la statua in un silen­zioso parco) caricato però qui di valore emblematico.

Tale statua infatti rappresenta l’indifferenza, l’unico stato in cui l’uomo trova una possibilità di scampo, l’unico stato che fa dell’uomo quasi un dio.

Con la seconda raccolta (Le occasioni) Montale amplia ed approfondisce la sua tematica: dal mondo delle cose passa a quello della memoria, le occasioni della memoria appunto, intese come incontri, tappe della vita interiore ecc.

In qualunque modo si muova il poeta si sente determinato dagli incontri che ha sollecitato o subito; il paesaggio ligure lascia spazio ad un mondo più vasto anche se altrettanto disso­nante e tumultuoso; in questo nuovo habitat (v. La Casa dei Doganieri) la bussola va impaz­zita all’avventura/e il calcolo dei dadi più non torna; in altre parole ritroviamo lo stesso senso di angoscia, di precarietà, lo stesso scacco esistenziale presente nella prima raccolta.

Il passato così come il presente non offre ancore di salvez­za: i volti e i ricordi vengono dissolti irrimediabilmente dalla forbice del tempo (V. Non recidere forbice quel volto); i sentimen­ti sono descritti in modo sempre più simbolico rendendo difficile la comprensione delle liriche (ecco che Montale aderisce all’Erme­tismo).

Esprimiamo qui un breve commento a due liriche:

– La casa dei doganieri (1930)[15]: nella casa dei doganieri il poeta ha vissuto una storia felice ma ora è altro tempo ed altri eventi si sono sovrapposti su quella esperienza; il ricordo serve solo a constatare l’attuale solitudine del poeta.

La lirica è un delle più alte ed esprime con vari accorgimenti, l’inesorabile erosione che il tempo opera sulla parte più gelosa di noi stessi, sui nostri sentimenti, sulla nostra memoria: vana è ogni resi­stenza.

– Non recidere forbice quel volto (1937)[16]: il recupero della memoria che per tanti altri scrittori del ‘900 (V. Proust, Saba) ha costi­tuito un appiglio, per Montale una volta di più, non risulta possibile; il poeta è solo e non riesce più a dare un senso alle cose.

La lirica presenta nitida la tecnica del trasferimento di una situazione interiore in un’esemplificazione oggettiva (il recidere della forbice sul volto amato, il colpo di accetta che taglia l’aca­cia, il guscio di cicala, emblema quest’ultimo della felicità di cui resta solo uno scheletro, un fantasma buttato nella melma del ricordo).

Nella raccolta La Bufera sembrerebbe esserci lo spazio per il trascendente, ma il poeta riconferma poi sostanzialmente la sua ferma accettazione del destino, non riscattabile dalla fede; infatti in Piccolo Testamento, la lirica che chiude questa raccolta, riaffiora ancora la sua teologia negativa: il rifiuto delle facili certezze o del lume di chiesa e di officina.

Montale esprime anche la sua mancanza di fiducia nella storia, influenzato dalla terribile esperienza della seconda guerra mondiale.

La figura femminile è protagonista in queste liriche, rappresentando i valori che dovrebbero incarnarsi nella storia. Tuttavia, l’ipotesi dell’incarnazione dei valori nella storia si rivela illusoria.

Nell’ultima produzione pubblicata nel corso degli anni settanta è possibile trovare alcune novità: il prevalere di una componente epigrammatica e comica, una certa mescolanza di stili (Specie in Satura); in questo che sembra un rilassamento stili­stico e contenutistico c’è in realtà la constatazione dalla inautenticità a cui l’uomo è condannato, il distacco da un mondo che viene descritto satiricamente in modo da fargli assumere la leggerezza del paradosso.                          

Da Satura è tratta l’ultima poesia che citiamo,  Caro piccolo insetto[17], dal tono insolito ma non ironico (la sezione Xenia da cui è tratta non contiene poesie ironiche): è un ricordo della moglie scomparsa da poco[18].


[1] Montale non ha sperimentato il passaggio che ha compiuto Ungaretti dai versicoli dell’Allegria al recupero della tradizione di Sentimento del Tempo.

[2] Eppure nella sua lirica troviamo il grande influsso di Dante Alighieri.

[3] Al Liceo Giovanni Domenico Cassini.

[4] Nel 1917.

[5] Fu maestro di canto si Montale dal 1915 al 1923.

[6] Il titolo della raccolta è molto significativo: la “bufera” si riferisce sia alla tempesta particolare della guerra che alla tempesta universale della condizione umana. L’“altro” si riferisce a una complicata vicenda personale, che si intreccia alla guerra e al suo inferno.

[7] Legata all’esilio in Svizzera.

[8] Eugenio Montale è stato nominato senatore a vita il 13 giugno 1967 dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Saragat ha nominato Montale in base all’articolo 59 della Costituzione, “per avere illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo letterario e artistico”.

[9] Con la motivazione: ”per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”

[10] “Farfalla di Dinard” è una raccolta di racconti brevi scritti tra il 1946 e il 1950 da Eugenio Montale per la terza pagina del Corriere della Sera e del Corriere d’Informazione. Questi racconti, composti in un linguaggio comune, traggono spunto da fatti o personaggi reali e da eventi autobiografici.

Il racconto che dà il titolo alla raccolta è ambientato nella cittadina francese di Dinard. Montale racconta che ogni giorno, mentre se ne stava seduto in un caffè di Dinard, una piccola farfallina color zafferano veniva a trovarlo2. Questa farfallina sembrava portare notizie della donna amata ormai lontana, o forse era solo un’illusione dettata dall’assenza.

Nel racconto, Montale si chiede se la farfalla venisse proprio per lui o se quell’angolino fosse semplicemente inscritto in un suo meccanico itinerario quotidiano3. Per risolvere il dubbio, decide di lasciare un buona mancia alla cameriera, insieme al suo indirizzo in Italia. Avrebbe dovuto scrivergli un sì o un no; se la visitatrice si era rifatta viva dopo la sua partenza o se non s’era più lasciata vedere.

Questo racconto è un esempio del modo in cui Montale mescola realtà e fantasia, creando un’atmosfera di malinconia e desiderio.

[11] Per quanto riguarda T.S. Eliot, Montale ha tradotto alcune delle sue poesie. Queste traduzioni sono state raccolte nel libro “Quaderno di traduzioni”, pubblicato nel 1948. Le poesie di Eliot tradotte da Montale includono liriche di Guillén e due delle poesie di Eliot, risalenti al 1928-29. La traduzione della poesia di Eliot ha segnato l’inizio del tirocinio da traduttore di Montale.

Per quanto riguarda William Shakespeare, Montale ha tradotto il “Giulio Cesare”. Questa traduzione è nata nel 1953 su richiesta di Paolo Grassi e Giorgio Strehler per il Piccolo Teatro di Milano. La versione montaliana del “Giulio Cesare” è stata apprezzata per la sua capacità di rendere la concentrazione, la tensione e il dinamismo del potente dramma storico senza che mai vada perduto il timbro peculiare del traduttore.

Inoltre, Montale ha anche tradotto alcuni sonetti di Shakespeare. Ad esempio, ha tradotto il Sonetto 33 di Shakespeare, che è stato pubblicato sul settimanale romano “Città” nel 1944, poi in “Poeti antichi e moderni tradotti dai lirici nuovi”, a cura di Luciano Anceschi e Domenico Porzio, Milano, Il Balcone, 1945

[12] Eugenio Montale ha avuto un’importante carriera come critico musicale. Dal 1954 al 1967, ha lavorato come critico musicale per il “Corriere d’Informazione”, edizione pomeridiana del Corriere della Sera. Ha recensito concerti e allestimenti operistici alla Scala, alla Piccola Scala e ai Festival di Spoleto e di Venezia.

Montale considerava la musica e il melodramma, da lui amati con particolare intensità il veicolo originario della sua vocazione poetica. La sua attività di critico musicale non era un semplice “secondo mestiere”, ma un elemento fondamentale della sua espressione artistica.

I risultati del suo lavoro come critico musicale sono raccolti nell’opera “Prime alla Scala”, descritta come un “libro di amori e di fastidi”. Questa attività ha avuto un ruolo importante nel plasmare la sua produzione poetica, con una ricerca quasi ossessiva dell’intima musicalità nel verso.

Montale per molti anni ha recensito tutte le inaugurazioni della stagione scaligera.

[18] La moglie del poeta, Drusilla Tanzi, era morta il 20 ottobre del 1963, dopo una dolorosa malattia.

[13] Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l’ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

[14] Spesso il male di vivere ho incontrato:

era il rivo strozzato che gorgoglia,

era l’incartocciarsi della foglia

riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio

che schiude la divina Indifferenza:

era la statua nella sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

[15] Tu non ricordi la casa dei doganieri

sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:

desolata t’attende dalla sera

in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri

e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura

e il suono del tuo riso non è più lieto:

la bussola va impazzita all’avventura

e il calcolo dei dadi più non torna.

Tu non ricordi; altro tempo frastorna

la tua memoria; un filo s’addipana.

Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana

la casa e in cima al tetto la banderuola

affumicata gira senza pietà.

Ne tengo un capo; ma tu resti sola

né qui respiri nell’oscurità.

Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende

rara la luce della petroliera!

Il varco è qui? (Ripullula il frangente

ancora sulla balza che scoscende…)

Tu non ricordi la casa di questa

mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

[16] Non recidere, forbice, quel volto,

solo nella memoria che si sfolla,

non far del grande suo viso in ascolto

la mia nebbia di sempre. Un freddo cala…

Duro il colpo svetta.

E l’acacia ferita da sé scrolla

il guscio di cicala

nella prima belletta di Novembre.

[17] Caro piccolo insetto

che chiamavano mosca non so perché,

stasera quasi al buio

mentre leggevo il Deuteroisaia

sei ricomparsa accanto a me,

ma non avevi occhiali,

non potevi vedermi

né potevo io senza quel luccichio

riconoscere te nella foschia.

In evidenza

Che parte conosciamo della storia

Quando ho iniziato a studiare la storia della mediazione ho verificato con stupore che all’Università non mi avevano insegnato i fatti che ho scoperto da solo andando a scavare nei secoli precedenti al XIX.

Poi quando è arrivato il decreto 28/10 sulla mediazione non capivo perché l’avvocatura italiana prendesse delle posizioni nei confronti dell’istituto che potevano solo essere frutto di ignoranza.

E l’avvocatura italiana è tutto fuorché ignorante.

Oggi ho scoperto perché, ho scoperto che esistono due storie, leggendo una lettera del 31.08.1935 di un soldato italiano (Luigi Schelotto di Arenzano) che scrive a sua moglie a Loano (Maddalena Feci)

La lettera viene composta in parte a Napoli mentre Luigi attende di partire e in parte sul piroscafo Umbria che portava i soldati a Massaua e che affondò il 10 giugno del 1940.

“Appena sarò giunto a destinazione ti scriverò subito e ti farò sapere come si sta (bene o male) e questo te lo farò sapere in un modo segreto che nessuno se ne potrà accorgere perché devi sapere che tutta la corrispondenza in partenza e in arrivo dall’Africa passa la censura. Tanto più quelle indirizzate ai militari perciò dobbiamo mettersi d’accordo di farsi un breve segnale tanto più se si tratta di affari di guerra perché tanto le tue lettere come le mie vanno distrutte. Dunque per me il segnale è questo. Io quando ti scrivo non devo mai parlarti di male devo sempre dirti che va tutto bene, altrimenti le lettere non hanno passaggio però te devi fare attenzione io ti farò capire in questo modo se io mi trovo bene e ci starò bene. ti scrivo sempre come al solito ma se starò male devo sempre dirti che tutto va bene, se in testa alla lettera ci metterò (Carissima Maddalena) vuol dire che si sta male e se invece ci metterò carissima Lena vuol dire che tutto va bene, credo che avrai compreso bene. E te se ci metterai caro marito vuol dire che va male e se metterai carissimo Luigi vuol dire che va bene, se si tratta di affari di guerra o invece se sono cose private puoi scrivere come vuoi.”

Una storia quindi è quella che è imposta dal regime (ed è una favola) e gli storici non possono che aver letto quella.

L’altra, non l’hanno letta di sicuro. Voi direte perché lo affermi? Perché, come scrive Luigi, le lettere che arrivavano ai soldati (o a chi stava in campo di concentramento, aggiungo io) venivano distrutte.

Così non conosciamo un patrimonio di vita quotidiana non militare, che è poi quella che conta.

Non sappiamo come i congiunti dei soldati vivevano la guerra: tra le centinaia di lettere di Luigi io non ne ho trovato una di Maddalena e quando le hanno restituito i beni del marito defunto, le lettere non sono appunto indicate.

Questo è il più grande delitto che poteva essere commesso nei confronti dell’umanità.

Eliminare la parte più importante della storia.

E poi c’era un altro delitto di cui non si parla certo nei libri di storia.

Era un delitto contro la pietà dei defunti: la salma di chi moriva in guerra non veniva rimandata a casa se non c’era qualcuno che poteva pagare per questo servizio.

Per chi era povero e perdeva un suo caro doveva essere stata una cosa atroce.

E così il foglio della Storia resta bianco

In evidenza

Il mediatore penale a seguito della riforma Cartabia

A system of criminal justice which focuses on the rehabilitation of offenders

through reconciliation with victims and the community at large.

Oxford dictionary and thesaurus

Introduzione

Questa nota non può prescindere da un concetto di base della mediazione, ossia il fatto che la mediazione investe la relazione tra le persone.

    Le categorie specificate dal diritto: mediazione civile e commerciale, mediazione familiare e giustizia riparativa sono solo elucubrazioni di e per giuristi.

    Nella realtà non esistono e soprattutto la mediazione non tollera le gerarchie che sembrano emergere dai primi decreti attuativi della riforma Cartabia.

    Non esiste una mediazione di serie A ed una mediazione di serie B, esiste solo la mediazione.

    Nei paesi ove la cultura della mediazione è  diffusa non si procede ad insegnare la mediazione per settori: si consegna ai mediatori una formazione di base che consente di imparare ad ascoltare e ad aiutare le persone a comunicare e a negoziare, ossia a supportarli in una relazione al momento deficitaria. Poi ogni mediatore si specializza e ogni specializzazione è preziosa e reca indiscutibile esperienza.

    Anche per i magistrati vige la regola che devono cambiare settore ogni dieci anni per non sclerotizzarsi.

    La relazione poi a sua volta non può essere di serie A o di serie B a secondo dell’ambito in cui viene affrontata: tutte le relazioni hanno importanza e la crisi può avere risvolti delicatissimi per la vita delle persone anche in situazioni che appaiono agli occhi di un terzo irrilevanti.

    Non è poi solo il danno economico che deve essere preso in considerazione, ma appunto quello relazionale che va ben al di là.

    La strada della mediazione è dunque unica, anche se costellata di tante tappe: noi siamo tenuti in scarso conto dall’Europa per promozione dell’ADR (nel 2022 eravamo al 21° posto) proprio perché non abbiamo abbastanza specializzazioni, ad es. una mediazione del lavoro e una mediazione amministrativa.

    Il mediatore per imparare deve poter spaziare per fare esperienza ed imparare.

    Questo percorso virtuoso opera in mediazione familiare da diversi anni (in alcune regioni dagli anni ’80) con corsi di formazione, tirocinio, supervisione ed esami plurimi che costellano la vita di un mediatore familiare fino alla certificazione UNI.

    Questo percorso virtuoso è venuto a crearsi anche per il mediatore civile e commerciale che insieme ad una formazione iniziale e continua, ricordiamolo, ha ormai almeno una esperienza di 13 anni (se non era prima conciliatore societario e ancor prima delle Camere di Commercio).

    Non si può dire altrettanto in Italia dei Centri di Giustizia riparativa. 

    Se un qualsiasi cittadino oggi volesse sapere quanti sono i Centri di Giustizia riparativa in Italia scoprirebbe che sono undici per la giustizia minorile[1]. Non troverebbe agevolmente informazioni però sulla mediazione penale per adulti. Né potrebbe sapere con un click quanti sono i mediatori penali, come accade in altri paesi, ad esempio in Portogallo dove ne abbiamo 250[2].

    La mediazione penale è tutta da costruire in Italia e sembra che il Ministero invece voglia semplicemente sanare un percorso poco conosciuto, senza  un retroterra di regole che invece possiedono la mediazione civile e commerciale e la mediazione familiare.

    Si tenga inoltre presente che anche i mediatori civili e commerciali e familiari hanno sviluppato una capacità di ascolto attivo, di equiprossimità ovvero di empatia[3], di riconoscere l’altro (e di fare riconoscere gli altri[4]); hanno imparato a gestire i sentimenti: la rabbia, la vergogna[5] e la paura.

    Non si vede poi perché le parti non potrebbero avere fiducia del mediatore in quanto tale e senza etichette.  Egli tesse la tela della comunicazione con pazienza ed in assenza di giudizio. Il mediatore di per sé impara nella pratica quotidiana che cosa significa maturare sentimenti di precarietà, di sconfitta o di rivalsa, vedersi negare la dignità, constatare lo svilimento della memoria, percepire le offese alla verità e incontrare l’umanità ferita (e ciò a prescindere dal setting).

    Il mediatore fa molta attenzione a dare spazio ad ogni punto di vista perché sa che così crea empowerment, è capace poi di orientare persone verso alla soluzione del conflitto e la gestione del futuro indipendentemente dal tipo di controversia.

    • La soluzione che sarebbe stata più ragionevole da individuare

    Il Consiglio di Stato in un parere del 20 giugno 2023[6] scrive che l’applicazione nei procedimenti penali della giustizia riparativa è partita il 1° luglio 2023[7].

    Teniamo presente, inoltre, che alla a fine del 2022 c’erano 1.433.352 procedimenti penali pendenti (Fonte: Ministero Giustizia[8]),  ma ovviamente il numero di persone coinvolte nell’ambito di tali procedimenti, che avrebbe interesse ad accedere ai programmi, era ed è di gran lunga maggiore.

    Se è poi vero, come è vero, che il programma di giustizia riparativa porta solo benefici a chi lo attiva[9] (in taluni casi è addirittura prevista una diminuzione di pena), non sorprenderebbe che a pochi mesi dall’entrata in vigore della riforma, si superasse facilmente il milione di istanze di accesso a tali percorsi.

    Tale proiezione numerica non è il problema, ma lo diventerà considerando quanti ad oggi saranno inseriti negli elenchi tenuti dal Ministero della Giustizia.

    Per mettere in opera la riforma Il 5 luglio 2023 il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell’università e della ricerca, ha pubblicato  in Gazzetta Ufficiale due decreti ministeriali in materia di giustizia riparativa, di attuazione del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150[10], che riguardano entrambi, tra le altre cose,  proprio la formazione ed hanno la stessa data, 9 giugno 2023[11].

    Nell’attualità per capire se il sistema partirà si deve però guardare alla combinazione con la disciplina transitoria dettata dall’art. 93 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Vista, infatti, la disciplina regolamentare sulla formazione (che è in vigore dal 5 luglio) i nuovi mediatori penali saranno pronti solo tra qualche anno.

    Sotto il profilo temporale, prima che intervenisse la disciplina regolamentare, si stimava che ci volessero tre anni sulla base delle previsioni del decreto legislativo (v. art. 59 c. 3 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150[12]). Non c’era già la possibilità che, nelle more, potessero essere inseriti in elenco altri mediatori. Ora non si è più così ottimisti dal momento che il regolamento ha raddoppiato, rispetto all’art. 59, i tempi della formazione: 680 ore di formazione iniziale e 60 di continua.

    Il tutto perlopiù da seguire in presenza: ci si chiede quanti laureati (si richiede la laurea) avranno il tempo di frequentare un corso di questo genere; di solito a questi percorsi (si pensi alla mediazione familiare) si dedica un sabato al mese. In questo caso, escludendo il tirocinio, ci vorrebbero cinque anni, se si dedicasse alla formazione tutta la giornata.

    Il termine può essere preso per buono sempre che ovviamente sia tutto pronto, ovvero che le Università abbiano stipulato accordi sul da farsi con in Centri di Giustizia riparativa, abbiano adeguato i lori programmi formativi, calendarizzato corsi/master in giustizia riparativa ecc…

    Non si può poi pensare seriamente che i Centri di giustizia riparativi, con le risorse attuali, si possano occupare dei programmi e della formazione, data la mole dei procedimenti prima visti che potrebbero essere astrattamente oggetto di richiesta.

    Ricordiamoci che la Giustizia riparativa costituisce probabilmente un diritto della vittima almeno dal 2012 con la Direttiva  2012/29/UE (Mannozzi)[13].

    In questo stato di cose la cosa più ragionevole per rendere effettiva la riforma sarebbe stata quella di “reclutare” mediatori civili e commerciali e familiari già esperti (e appunto con un solido retroterra di regole alle spalle) e specializzarli nella materia della mediazione penale o comunque, più in generale, di coinvolgere quanti siano in possesso dell’attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati ex lege 4/2013 (artt. 4, 7 e 8), rilasciato da un’Associazione Professionale iscritta al M.I.S.E.

    Negli altri paesi UE ciò sarebbe stato normale. Non si fa differenziazione tra mediatori: la mediazione è unica, come dicevamo all’inizio,  e poi ci si specializza quanto si vuole.

    Ad es. in Finlandia – che possiede la mediazione penale più avanzata al mondo – il mediatore può essere una persona che ha completato un corso di formazione in mediazione e che ha le capacità e l’esperienza richieste per svolgere correttamente l’attività e che è adatto al lavoro. Non ci sono preclusioni di sorta. Il corso è di 50 ore[14]. Ma quello che conta è la formazione avanzata: in materia di violenza domestica le ore sono 170 e quando si tratta di bambini e adolescenti il corso è di 100 ore. I mediatori sono monitorati e devono seguire pratiche uniformi[15]. Siamo quindi in linea con il decreto 150/22 senza le “discriminazioni” e gli aumenti spropositati del monte ore operati del decreto ministeriale.

    In Polonia, cui sono stati attribuiti 65 punti e conduce la classifica per la promozione ADR nella UE, un corso specialistico in materia civile e commerciale dura 56 ore, in materia penale è di 22 ore, in materia familiare di 78[16]: ovviamente i mediatori fanno tutto e possono specializzarsi anche nel campo amministrativo.

    In Svezia che pratica la mediazione  penale dagli anni ’70, il corso per mediatori penali è di 4 giornate (non è obbligatorio) e non ci sono preclusioni di sorta sui mediatori.

    Il Ministero della Giustizia italiano, invece ed evidentemente, non concepisce la mediazione come un’unica materia con più specializzazioni e non premia chi si specializza; ha alzato un bello steccato stabilendo che mediatori civili e commerciali e familiari iscritti all’albo[17] non possano fare anche i mediatori penali[18].

    E dunque si vuol fare ricorso nella giustizia riparativa alle risorse che già ci sono e che probabilmente – a pensar male si fa peccato, ma si indovina quasi sempre – hanno premuto perché avvenisse tutto ciò.

    • La disciplina transitoria ed i decreti ministeriali

     D’altronde questo sembra emergere in modo cristallino ed inequivocabile dalla combinazione tra l’art. 93 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 e la sua attuazione[19]

    La disciplina transitoria di cui all’art. 93 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 prevede, infatti, che sono inseriti nell’elenco di cui  all’articolo  60[20]  coloro  che, alla data di entrata in vigore del decreto stesso (?, dal d.m. sappiamo che si tratta del 30 dicembre 2022), sono in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:

        “a) avere completato una formazione alla giustizia  riparativa  ed essere in possesso di una esperienza  almeno  quinquennale,  anche  a titolo volontario  e  gratuito,  acquisita  nel  decennio  precedente presso  soggetti  specializzati  che  erogano  servizi  di  giustizia riparativa, pubblici o privati, convenzionati con il Ministero  della giustizia ovvero che operano in virtù di protocolli  di  intesa  con gli uffici giudiziari o altri enti pubblici;

        b) avere completato una formazione teorica e pratica, seguita  da tirocinio, nell’ambito della giustizia riparativa in materia  penale, equivalente o superiore a quella prevista dal presente decreto;

        c) prestare servizio presso i servizi minorili della giustizia  o gli  uffici  di  esecuzione  penale  esterna,  avere  completato  una adeguata formazione alla giustizia riparativa ed essere  in  possesso di adeguata esperienza almeno quinquennale acquisita in  materia  nel decennio precedente.

      2. L’inserimento nell’elenco, ai sensi del comma 1, è  disposto a seguito della  presentazione,  a  cura  dell’interessato,  di  idonea documentazione comprovante il possesso dei requisiti e, nel  caso  di cui  alla  lettera  b),  previo  superamento  di  una  prova  pratica valutativa, il cui onere finanziario è a  carico  dei  partecipanti, come da successiva regolamentazione a mezzo di decreto  del  Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca.

      3. Con il medesimo  decreto  di  cui  al  comma  2  sono  stabilite altresì le modalità di svolgimento e valutazione della prova di cui al comma 2, nonché di inserimento nell’elenco di cui ai commi 1 e 2.”

    Per comprendere pienamente questa norma si deve scorrere il tenore del DECRETO 9 giugno 2023 (23A03848) che la attua.

    I requisiti di cui alla lettera a) dell’art. 93 bisogna averli ottenuti prima del 30 dicembre 2022 e basta una certificazione[21] da soggetti ed enti pubblici o privati eroganti formazione specialistica nella materia, o istituzioni universitarie o ancora da soggetti specializzati che erogano servizi di giustizia riparativa, pubblici o privati convenzionati con Ministero.

    Lo stesso termine del 30 dicembre 2022 e della relativa certificazione è previsto per la lettera b), ma il decreto ministeriale ha “cambiato le carte in tavola” non prevedendo 240 ore di corso e 100 ore di tirocinio, ma altri requisiti, ossia 480 di corso e 200 ore di tirocinio. Il possesso altresì del requisito di cui all’art. 93, comma 2, seconda ipotesi[22], del decreto legislativo, è comprovato dall’interessato mediante l’attestazione, con giudizio di idoneità, del superamento della prova pratica-valutativa di 6 ore davanti ad una commissione[23].

    Il che rende francamente quasi impossibile che ci possano essere molti soggetti di cui alla lettera b) dell’art. 93 che alla data del 30 dicembre 2022 abbiano già i requisiti previsti nel giugno 2023 e pubblicati nel luglio 2023.

    Per la lettera c), ovvero i prestatori di “servizio presso i servizi minorili della giustizia  o gli  uffici  di  esecuzione  penale  esterna” sono sufficienti certificazioni ed attestazioni[24]. In quest’ultimo caso si potrebbe, tra l’altro, anche dubitare della terzietà del mediatore appartenente all’amministrazione (un po’ come nella defunta mediazione tributaria).

    In ogni caso realisticamente si può immaginare che i mediatori iscritti in elenco saranno prevalentemente quelli di cui alla lettera a) che hanno ottenuto i requisiti prima del 30 dicembre 2022 e quelli della lettera c).

    Ovvero i mediatori penali già in servizio per cui è stata operata una sorta di “sanatoria”.

    Si aggiunga che tali mediatori dovranno presentare  domanda di iscrizione all’elenco ministeriale, a pena di inammissibilità, entro sei mesi dalla data di approvazione del modello di domanda di cui all’art. 11, comma 1: il modello che non è ancora stato approvato[25]. Allo stato, dunque, nessuno ha potuto fare alcuna domanda.

    Ma ciò che è stabilito dalla norma transitoria nei casi a) e c) non  coprirà di certo il fabbisogno.

    E a dire il vero, già i requisiti  dell’art. 59 del decreto legislativo 150/22 per chiedere l’inserimento nell’elenco dei mediatori penali (240 ore e 100 ore di tirocinio), erano forse troppo stringenti, almeno in partenza, in relazione a quello che è il contesto italiano della mediazione penale. Figuriamoci ora.

    La somma dei soggetti che, istituito l’elenco potrebbero entrarvi, presumibilmente non supererà le cento unità.

    Il fatto che il Ministero si affidi oggi a chi ha già esperienza in materia può stare nella natura delle cose perché il servizio parta, ma il problema è come affrontare la presumibile domanda di programmi riparativi che si svilupperà nei prossimi mesi ed anni con un percorso di specializzazione così lungo e certamente non poco costoso.

    E siccome i mediatori esperti formatori sono coinvolti anche nella formazione e nella valutazione ci si chiede come faranno ad affrontare tutte le sfide.

    • Il nuovo percorso di formazione per il mediatore penale

    Il nuovo percorso di formazione disegnato dal d.m. 9 giugno 2023[26] anche per coloro di cui alla lettera b) dell’art. 93 (ossia della norma transitoria) è presto e sinteticamente descritto.  

    Il percorso di formazione sarà gestito dalle Università in collaborazione coi centri riparativi.

    Il titolo necessario per diventare mediatori penali sarà almeno la laurea.

    Le classi di aspiranti mediatori esperti saranno formate da 25 persone al massimo.

    Sarà richiesta una prova di ammissione che  verrà organizzata dalle Università. In relazione a detta prova il candidato deve presentare il curriculum e una lettera motivazionale.

    La prova consiste in un colloquio pubblico, da svolgersi in presenza, volto a valutare il contenuto della documentazione prodotta, nonché  il livello di cultura generale e le attitudini specifiche del candidato stesso.

    Alla prova sovrintendono congiuntamente almeno due rappresentanti dell’università e un mediatore esperto formatore e la stessa si conclude con l’espressione del giudizio di ammissione o non ammissione alla formazione teorica iniziale.

    La formazione iniziale si suddivide in teorica e pratica.

    La formazione teorica ricomprende  160 ore effettive (10% al massimo di assenze)  oltre alla previsione di seminari specialistici a discrezione dell’Università.

    La formazione di 160 ore avviene in presenza ( solo 1/4 da remoto);  i seminari specialistici possono tenersi anche da remoto (la telecamera in ogni caso deve essere sempre accesa[27]).

    La formazione pratica  è fatta dai centri tramite mediatori esperti formatori ed è di 320 ore e si svolge integralmente in presenza.

    Vi è poi un tirocinio curriculare presso i centri; 200 ore con affiancamento di almeno 10 programmi.

    Si deve ovviamente superare una prova finale.

    La prova finale di valutazione del percorso formativo unitario consiste nella dimostrazione, da parte dei partecipanti alla formazione, della conoscenza completa dei contenuti teorici del percorso, nonché della piena padronanza delle competenze tecnico-pratiche e delle specifiche abilità acquisite nel percorso formativo.

    A entrambe le prove sovrintende una commissione di almeno cinque membri, composta da due formatori teorici e tre mediatori esperti formatori, scelti tra coloro che hanno somministrato il percorso unitario di formazione.

    La prova finale teorica, della durata complessiva non inferiore a quattro ore, da svolgersi in presenza, consiste nella redazione di un testo scritto, elaborato in risposta a un quesito avente a oggetto un tema affrontato nel corso della formazione iniziale, seguita dalla discussione, in forma pubblica, dell’elaborato stesso.

    La prova finale  pratica, della durata complessiva non inferiore a sei ore, da svolgersi in presenza, consiste nella simulazione di un programma, articolato nei differenti momenti e attività di cui lo stesso si compone: segnalazione del caso; gestione delle attività preliminari, tra cui valutazione individualizzata della vittima e della persona indicata come autore dell’offesa, scelta dello stile del linguaggio da utilizzare e attività di informazione nei confronti dei partecipanti; scelta del programma più utile per la gestione del conflitto avente rilevanza penale; raccolta del consenso; conduzione del programma prescelto, con specifico riferimento alla gestione dei rapporti con l’altro mediatore, e eventuali ulteriori mediatori, con la vittima o le vittime del reato, la persona indicata come autore dell’offesa e i loro familiari, con gli altri partecipanti, con l’autorità giudiziaria, con i difensori, gli interpreti e i traduttori, con i servizi della giustizia e del territorio, con l’autorità di pubblica sicurezza e con ogni ulteriore interlocutore sociale; costruzione, ove possibile, dell’accordo riparativo; redazione della relazione e delle ulteriori comunicazioni all’autorità giudiziaria; gestione dell’esito del programma. A mezzo della simulazione, i candidati dimostrano le competenze e abilità acquisite con riferimento a ciascuna delle fasi e delle attività indicate nel primo periodo; alla stessa partecipano, nei differenti ruoli richiesti dal programma, soggetti scelti dalla commissione di cui al comma 3 anche tra partecipanti alla formazione.

    La prova finale (teorica e pratica) si conclude con la valutazione, oggetto di deliberazione a maggioranza, di idoneità o non idoneità del candidato, al quale è rilasciata attestazione relativa all’esito della prova.

    A questo punto il mediatore dovrà essere inserito, a sua richiesta, nell’elenco ministeriale. Il possesso del requisito formativo per l’inserimento è comprovato dall’interessato mediante l’attestazione, con giudizio di idoneità, del superamento della prova finale teorico-pratica della formazione.

    Vi è poi la formazione continua annuale,  assicurata dalle università e dai centri, in collaborazione paritetica (60 ore). E ciò per 50 discenti al massimo (almeno ¾ in presenza); in presenza deve tenersi la parte pratica.

    Il decreto ministeriale ci descrive anche la formazione dei formatori.

    I candidati devono avere una comprovata perizia e professionalità nella materia della giustizia riparativa, derivante dall’esperienza concreta, specifica e continuativa nella conduzione di programmi come mediatore esperto presso uno o più centri, maturata nel corso di almeno cinque anni precedenti la data della richiesta di iscrizione al percorso formativo.

    La formazione iniziale  assicurata da Università e Centri sarà di  80 ore (60 in presenza).

    La formazione continua, sempre in relazione al massimo di 50 partecipanti, sarà di 30 ore annuali in presenza di preferenza (o a telecamera accesa).

    Ovviamente per i primi formatori di mediatori esperti la disciplina sarà diversa[28].

    • Una sintesi delle perplessità

    Rimarchiamo sommessamente che l’art. 59 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 prevede una  “formazione iniziale di almeno duecentoquaranta ore, di cui un terzo dedicato alla formazione teorica e due terzi a quella pratica, seguite da almeno cento ore  di  tirocinio  presso uno dei Centri per la giustizia riparativa di cui all’articolo 63.” Il Decreto Ministeriale porta il tutto a 680 ore.

    La formazione continua  consiste per l’art. 59 “in  non  meno  di  trenta  ore annuali, dedicate all’aggiornamento teorico e pratico,  nonché  allo scambio di prassi nazionali, europee e internazionali.” Il Decreto Ministeriale porta il tutto a 60 ore.

    A livello di mediazione comparata una cosa del genere si riscontra solo nei programmi per mediatori familiari in Francia ed in quella per mediatori civili e commerciali nella Federazione Russa. Al di sopra (forse) ci sono solo percorsi di laurea in Malta e in Lussemburgo.

    Ce lo possiamo permettere con le nostre pendenze?

    Evidentemente no, ma c’è comunque una volontà di blindatura della mediazione penale, una volontà di mantenere un monopolio, peraltro anche palesemente espresso attraverso il divieto ai mediatori civili e commerciali e familiari di diventare mediatori penali.

    E non sappiamo peraltro al momento che cosa il Consiglio di Stato pensi della prescrizione  contenuta nell’art. 9 del decreto 9 giugno 2023 (23A03848): “1. I soggetti che chiedono l’inserimento nell’elenco devono possedere inoltre i seguenti requisiti: a) non essere iscritti all’albo dei mediatori civili, commerciali o familiari;” peraltro si prevede addirittura, in caso di inosservanza, anche la cancellazione d’ufficio dall’elenco (art. 14)[29].

    • Le fonti normative della giustizia riparativa e le incompatibilità

    Tale accanimento non trova alcun appiglio nelle fonti della materia.

    La legge delega (LEGGE 27 settembre 2021 , n. 134) si limita a prevedere al punto 18 lett. f: “disciplinare la formazione dei mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa, tenendo conto delle esigenze delle vittime del reato e degli autori del reato e delle capacità di gestione degli effetti del conflitto e del reato nonché del possesso di conoscenze basilari sul sistema penale; prevedere i requisiti e i criteri per l’esercizio dell’attività professionale di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa e le modalità di accreditamento dei mediatori presso il Ministero della giustizia, garantendo le caratteristiche di imparzialità, indipendenza ed equiprossimità del ruolo;”

    La legge delega, dunque, non pone alcuna incompatibilità, ma si limita a dare al legislatore la seguente indicazione “prevedere i requisiti e i criteri per l’esercizio dell’attività professionale di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa”.

    Il legislatore delegato (DECRETO LEGISLATIVO 10 ottobre 2022, n. 150) all’art. 59 non pone alcuna forma di incompatibilità ma si limita a prevedere: “Formazione dei mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa.

    Non si comprende a livello di principio perché vengano escluse come incompatibili proprio figure – il mediatore civile e commerciale e quello familiare – che hanno proprio nel DNA l’imparzialità, l’indipendenza, la sensibilità e la equiprossimità.

    L’art. 60 c. 2 del decreto legislativo citato prevede che:

    “2. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell’università e della ricerca, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è istituito presso il Ministero della giustizia l’elenco dei mediatori esperti. L’elenco contiene i nominativi dei mediatori esperti, con l’indicazione della eventuale qualifica di formatori. Il decreto stabilisce anche i criteri per la valutazione delle esperienze e delle competenze dei mediatori esperti, al fine dell’ammissione allo svolgimento dell’attività di formazione, nonché i criteri per l’iscrizione e la cancellazione, anche per motivi sopravvenuti, dall’elenco, le modalità di revisione dell’elenco, nonché la data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione di cui all’articolo 59 costituisce requisito obbligatorio per l’esercizio dell’attività di mediatore esperto. Lo stesso decreto disciplina le incompatibilità con l’esercizio dell’attività di mediatore esperto, nonché i requisiti di onorabilità e l’eventuale contributo per l’iscrizione nell’elenco”.

    Soltanto in quest’ultima norma, dunque, si fa riferimento alla disciplina della incompatibilità. Ma non vi sono indicazioni al proposito. Non si comprende a dire il vero nemmeno perché il decreto legislativo voglia stabilire delle incompatibilità e questo alla luce delle fonti dell’istituto.

    Ma andiamo con ordine.

    È con la Commissione di studio istituita nel 2021 e presieduta da Giorgio Lattanzi che, per la prima volta, la materia della giustizia riparativa si affaccia, in modo organico, nel nostro ordinamento giuridico (24/5/21): tra le proposte di emendamento al Disegno di legge A.C. 2435, la Commissione aveva infatti previsto un nuovo art. 9-quinquies (Giustizia riparativa), ritenendo, in accoglimento delle sollecitazioni dell’allora Ministro della giustizia Cartabia e della dottrina che la legge delega potesse estendersi anche a interventi normativi nuovi, quali, per l’appunto, quelli in tema di giustizia riparativa

    La legge delega n. 134 del 2021 ha recepito e ripreso il testo elaborato dalla Commissione di studio, statuendo, all’art. 1, comma 18, che il Governo, nell’adottare gli schemi di decreti legislativi, introducesse una disciplina organica della giustizia riparativa. La delega in materia è stata esercitata con il decreto legislativo n. 150 del 2022 in duplice direzione: per un verso, prevedendo una disciplina organica della giustizia riparativa; per altro verso, intervenendo sulla legislazione penale vigente con interpolazioni in vari articoli, soprattutto nell’ambito del codice di rito.

    Mentre per l’art. 27 della Costituzione si chiede alla pena di rieducare il reo per la giustizia riparativa si chiede di scommettere, a differenza del diritto penale classico, sulle persone e sulle loro capacità positive, al punto da diventare una giustizia non solo educativa ma anche formativa.

    L’ art. 43 c. 2 d.lgs. 150/22 prevede, infatti, che “I programmi di giustizia riparativa tendono a promuovere il riconoscimento della vittima del reato, la responsabilizzazione della persona indicata come autore dell’offesa e la ricostituzione dei legami con la comunità.”

    Per quale arcano motivo l’esercizio della mediazione civile e commerciale e familiare sarebbe incompatibile con dette finalità?

    Andiamo ora a vedere le fonti internazionali della mediazione penale.

    La Raccomandazione n. R (99)19 Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa adottata il 15/09/1999 – Raccomandazione relativa alla Mediazione in materia penale, che sarà poi sviluppata dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa CM/Rec (2018)8 adottata dal Comitato dei Ministri il 3 ottobre 2018, ai cui principi ed alle cui disposizioni si è attenuto il Governo nell’esercizio delle delega.

    In queste Raccomandazioni il mediatore penale è detto “facilitatore”, ma non compare incompatibilità di alcun genere.

    Si dice che i facilitatori dovrebbero ricevere una formazione iniziale prima di esercitare la giustizia riparativa, come anche una formazione continua.

    Vi è poi da considerare la Decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001: ciascuno Stato si impegna a definire servizi specializzati che rispondano ai bisogni della vittima in ogni fase del procedimento, adoperandosi affinché non abbia a subire pregiudizi ulteriori e inutili pressioni e affinché sia assicurata l’adeguata formazione professionale degli operatori, mediante la previsione di scadenze temporali vincolanti per le necessarie disposizioni attuative, di ordine legislativo, regolamentare e amministrativo.

    In essa si parla solo di “persona competente”: art. 1 lett. e) “«mediazione nelle cause penali»: la ricerca, prima o durante il procedimento penale, di una soluzione negoziata tra la vittima e l’autore del reato, con la mediazione di una persona competente”.

    Un’altra fonte importante è da riconoscere nei documenti dell’ONU; lo United Nations, “Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters”, ECOSOC Res. 12/2002 n. 15/2002: ribadisce che vittima e autore del reato devono essere trattati in modo paritario.

    Anche qui si parla di facilitatore: “5. “Facilitator” means a fair and impartial third party whose role is to facilitate the participation of victims and offenders in an encounter programme.”

    “17. Facilitators should be recruited from all sections of society and should generally possess good understanding of local cultures and communities. They should be able to demonstrate sound judgement and interpersonal skills necessary to conducting restorative processes.

    18. Facilitators should perform their duties in an impartial manner, based on the facts of the case and on the needs and wishes of the parties. They should always respect the dignity of the parties and ensure that the parties act with respect towards each other.

    19. Facilitators should be responsible for providing a safe and appropriate environment for the restorative process. They should be sensitive to any vulnerability of the parties.

    20. Facilitators should receive initial training before taking up facilitation duties and should also receive in-service training. The training should aim at providing skills in conflict resolution, taking into account the particular needs of victims and offenders, at providing basic knowledge of the criminal justice system and at providing a thorough knowledge of the operation of the restorative programme in which they will do their work.”

    Nessuna incompatibilità è dunque prevista.

    È poi il turno della Direttiva 2012/29/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Doveva essere recepita dagli stati entro il 16 novembre 2015.

    Essa definisce la mediazione penale come  «qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale» (art. 2, co. 1, lett. d).

    Si parla di operatori della giustizia riparativa, ma non ci sono norme che li riguardino direttamente, né tanto meno incompatibilità, a parte L’art. 25 comma 4  prevedente che gli Stati membri, « attraverso i loro servizi pubblici o finanziando organizzazioni che sostengono le vittime, incoraggiano iniziative che consentano a coloro che forniscono servizi di assistenza alle vittime e di giustizia riparativa di ricevere un’adeguata formazione, di livello appropriato al tipo di contatto che intrattengono con le vittime, e rispettino le norme professionali per garantire che i loro servizi siano forniti in modo imparziale, rispettoso e professionale».

    E dunque si chiede soltanto che i servizi siano forniti in modo imparziale, rispettoso e professionale, come tutti mediatori di qualunque natura hanno imparato a fornire.

    Veniamo infine alla Dichiarazione di Venezia del COE sul Ruolo della Giustizia riparativa in materia penale 13 e 14 dicembre 2021.

    Si parla solo di un soggetto terzo formato e imparziale (solitamente chiamato mediatore o facilitatore);

    Al punto IV si precisa poi che bisogna “considerare la giustizia riparativa come parte essenziale dei programmi di formazione dei professionisti del diritto, compresi magistrati, avvocati, pubblici ministeri, assistenti sociali, polizia, nonché del personale carcerario e di probation, e riflettere su come includere i principi, i metodi, le pratiche e le garanzie della giustizia riparativa nei programmi universitari e in altri programmi di istruzione post-universitaria per i giuristi, prestando attenzione alla partecipazione della società civile e delle autorità locali e regionali nei processi di giustizia riparativa e rivolgendosi al Consiglio d’Europa quando sono necessari programmi di cooperazione e formazione dei funzionari che attuano la giustizia riparativa;”

    Questa è l’unica norma che valga la pena di essere richiamata sul punto e che va nella direzione dell’inclusione.

    Non possiamo che chiedere dunque al Ministero da quali norme  ha ricavato le incompatibilità predette.

    • Le palesi violazioni dell’art. 9 c. 1 lett. a)  e le ulteriori criticità del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848)

    Il 17 marzo 1791 in Francia fu emanata la Loi du 17 mars 1791 portant suspension de tous les droits d’aides, de toutes les maîtrises et jurandes et établissement des droits de patente.

    L’art. 7 di questa legge è ancora in vigore oggi nel 2023 e prevede che “A partire dal prossimo 1° aprile chiunque sarà libero di esercitare tale commercio o esercitare tale professione, arte o commercio a suo piacimento; ma sarà tenuto a procurarsi preventivamente una licenza, a pagarne il prezzo, e a conformarsi ai regolamenti di polizia che sono o potranno essere emanati[30].”

    In Francia, dunque, in un paese dell’Unione Europea, una norma come quella dell’art. 9 c. 1 lett. a)[31] del d.m. 9 giugno 2023[32] non sarebbe nemmeno concepibile.

    Il Ministero italiano, di un altro paese aderente alla UE, non sembra vece nemmeno aver pensato alle conseguenze sul lato giuridico, oltre che sul lato umano, di escludere i mediatori civili e commerciali e familiari dalla mediazione penale.

    La norma di cui all’art. 9 c. 1 del d.m. 9 giugno 2023 è in primo luogo, così come scritta, comunque inapplicabile.

    L’albo dei mediatori civili e commerciali non è un albo anche se sul sito ministeriale viene indicato in questo modo.

    Mai si parla di Albo nel decreto 180/10. Nella bozza di d.m. del 2 giugno se ne parla con riferimento agli avvocati.

    L’albo dei mediatori non esiste perché, se esistesse l’Istat censirebbe il mediatore civile e commerciale come professione e non lo censisce. Inoltre, se ci fosse un albo qualcuno pagherebbe dei contributi previdenziali e a qualcuno verrebbe pagata la pensione.

    Nemmeno i mediatori familiari sono iscritti ad un albo, ma ad un semplice elenco in tribunale: basta leggere l’art. Art. 473-bis.10 (Mediazione familiare). “- Il giudice può, in ogni momento, informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare e invitarle a rivolgersi a un mediatore, da loro scelto tra le persone iscritte nell’elenco formato a norma delle disposizioni di attuazione del presente codice, per ricevere informazioni circa le finalità, i contenuti e le modalità del percorso e per valutare se intraprenderlo.”, o le disposizioni preliminari al Cpc (art. 12-bis e ss.) dove si parla di elenco per ben 8 volte!

    E dunque anche per i mediatori familiari la parola albo non ha alcun senso e non è loro applicabile la previsione di incompatibilità di cui all’art. 9.

    E non ha alcun senso nemmeno per mediatori esteri o italiani che abbiano conseguito i titoli all’estero, dal momento che non risulta allo scrivente che ci sia un paese UE ove i mediatori abbiano un albo.

    In presenza poi di statuizioni provvedimentali che rivestono valenza regolamentare in quanto dirette a trovare applicazione ripetuta nel tempo ad un numero indeterminato di fattispecie, sussiste la regola di irretroattività degli atti a contenuto normativo dettata dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Detta regola può ricevere deroga per effetto di una disposizione di legge pari ordinata e non in sede di esercizio del potere regolamentare che è fonte normativa gerarchicamente subordinata. Pertanto, solo in presenza di una norma di legge che a ciò abiliti gli atti e regolamenti amministrativi possono avere efficacia retroattiva[33].

    La giurisprudenza amministrativa ha più volte posto in rilievo che la regola di irretroattività dell’azione amministrativa è espressione dell’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltreché del principio di legalità che, segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato (tali sono quelli introduttivi di prestazioni imposte), impedisce di incidere unilateralmente e con effetto “ex ante” sulle situazioni soggettive del privato (omissis)[34]

    Il decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) non poteva stabilire quindi retroattivamente che determinate categorie di mediatori non possono essere iscritti in elenco. La legge non ha dato al Ministero la potestà in tal senso.

    Inoltre, l’art. 9 c 1 lett a) del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) viola, prima facie, diverse norme.

    L’art. 43 e 49 del trattato CE che vietano le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro.

    Gli articoli 1 c. 5[35] 4,  l’art. 10[36], l’art. 15 c. 2 lett. b[37], l’art. 18[38], l’art. 20[39], l’art. 25[40] della DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno[41].

    Sono violati i considerando 5, 12, 34, 42, 44, 65, 68, 83 91 e 101 della medesima DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno.

    L’art. 9 c 1 lett a) del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) viola l’art. 2 e 41 della Costituzione italiana.

    L’art. 2 della Costituzione che garantisce ”i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”: l’art. 9 c 1 lett a) in discorso  viola una prescrizione costituzionale, se non una norma al di sopra della Costituzione,  nel momento in cui preclude il diritto al lavoro nel campo della giustizia a soggetti che per avventura e prima della norma in discorso avessero ottenuto la qualifica di mediatore civile e commerciale e di mediatore familiare.

    L’art. 9 c 1 lett a) viola l’art. 41 per cui “L’iniziativa economica privata è libera”. Non  si vede come la qualifica di mediatore civile e commerciale e di mediatore familiare possano incidere sullo svolgimento della mediazione penale contrastando l’utilità sociale o recando danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana (requisiti che vietano appunto una  determinata attività ai sensi dell’art. 41 c. 2).

    Ricordo inoltre che ai sensi dell’art. 35 c. 2 del Codice penale “2. La sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte non può avere una durata inferiore a tre mesi, né superiore a tre anni.”

    Se non ci può essere dunque sospensione superiore a tre anni per i condannati ” per contravvenzione, che sia commessa con abuso della professione, arte, industria, o del commercio o mestiere, ovvero con violazione dei doveri ad essi inerenti, quando la pena inflitta non è inferiore a un anno d’arresto”, come si può impedire addirittura lo svolgimento di una professione o di un’arte, a persone che non siano condannate per alcun reato, e che abbiano anzi delle qualifiche ulteriori rispetto a quella che si voglia conseguire?

    Vi è ancora una palese violazione del decreto legislativo che ha attuato in Italia la DIRETTIVA 2006/123/CE  e dunque il DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2010 , n. 59 Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno. (10G0080) per quanto riguarda gli articoli 10[42], 11 c. 1 lett. b[43] e 35[44].

    In sintesi, non si può impedire ad un mediatore dei paesi membri che per avventura (nella maggior parte dei paesi UE è assolutamente normale) abbia tutte le qualifiche, né ad un mediatore italiano civile e commerciale,  se non in presenza di ragioni eccezionali ed oggettive che vanno esplicitate, di svolgere la mediazione penale.

    In questo caso non ci sono motivi, di sicurezza (il mediatore è comunque tenuto al segreto professionale) né di indipendenza e di imparzialità già sanciti dalla legge per tali categorie.

    Lo Stato inoltre non può varare norme penali per aggirare gli obblighi della Direttiva.

    Nello stesso senso va la prassi della CGUE[45] per cui impedire l’accesso ad un lavoro od ad una professione, con conseguente impossibilità di partecipare a selezioni pubbliche, concorsi etc. in un altro Stato (o nel proprio) a chi ha conseguito un titolo di studio od un’abilitazione professionale all’estero viola le libertà di circolazione e di movimento nell’UE (artt. 45 e 49 TFUE) e la Direttiva 2005/36/CE così come modificata dal Regolamento 279/2009/CE che disciplinano la materia (ex multis EU:C:2015: 652 e 239).

    Nel caso de quo vi sarebbe inoltre la violazione dell’art. 8[46] della Convenzione dei diritti dell’uomo.

    L’articolo 8 garantisce alle persone una sfera all’interno della quale le stesse possono perseguire liberamente lo sviluppo e la realizzazione della loro personalità (A.-M.V. c. Finlandia, § 76; Brüggemann e Scheuten c. Germania, decisione della Commissione; Federazione nazionale delle associazioni e dei sindacati degli sportivi (FNASS) e altri c. Francia, § 153). La nozione di autonomia personale costituisce un importante principio alla base dell’interpretazione dell’articolo 8 (Christine Goodwin c. Regno Unito [GC], § 90). Nel contesto della “vita privata” la Corte ha ritenuto che, qualora sia in gioco un aspetto particolarmente importante dell’esistenza o dell’identità di una persona, il margine concesso allo Stato sia ristretto (Fedotova e altri c. Russia, § 47)[47].

    La Corte  ha ad esempio deciso che “Il titolo di studio conseguito all’estero, purché equivalente a quello del paese in cui si vuole spenderlo, o da uno straniero nel paese ospitante non può precludergli l’accesso al lavoro o ad una professione per pastoie burocratiche e/o per leggi non chiare: ciò viola la sua privacy (art. 8 Cedu). Infatti, l’annullamento di questo titolo di studio lede la sfera privata della persona (familiare, privata, lavorativa, sociale etc.), dal punto di vista materiale e sostanziale (inner circle) con gravi ripercussioni sul suo benessere, comportando un’indebita lesione dei suoi interessi economici e della sua credibilità professionale.”

    L’art. 9 c. 1 lett. a) del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) viola dunque anche la Direttiva 2005/36/CE così come modificata dal Regolamento 279/2009/CE nel momento in cui impedisce ad un cittadino europeo ed italiano che avesse conseguito i titoli di mediatore civile e commerciale,  familiare  e penale all’estero di iscriversi all’elenco italiano dei mediatori penali e lede la sua sfera privata ai sensi dell’art. 8 della Convenzione, in quanto la legge non prevede chiaramente che la professione del mediatore civile e commerciale e del mediatore familiare siano ostative all’esercizio della mediazione penale (e come potrebbe!) ed il margine concesso allo Stato è ristretto; non può prevedere senza che vi sia una violazione della Convenzione, che tale divieto sia posto addirittura da una norma regolamentare.

    Ricordo inoltre che con una sentenza  recente il Consiglio di Stato in adunanza plenaria[48] ha respinto l’appello del Ministro dell’Istruzione che voleva impedire a cittadini bulgari di esercitare in Italia la professione di insegnante nella scuola pubblica,  stabilendo che “ la mancanza dei documenti necessari ai sensi del più volte citato art. 13 della direttiva 2005/36/CE non può pertanto essere automaticamente considerata ostativa al riconoscimento della qualifica professionale acquisita in uno Stato membro dell’Unione europea, dovendosi verificare in concreto il livello di competenza professionale acquisito dall’interessato, valutandolo per accertare se corrisponda o sia comparabile con la qualificazione richiesta nello Stato di destinazione per l’accesso alla ‘professione regolamentata’“.

    “La peculiare posizione ora descritta induce a ritenere fondata le richieste delle medesime appellanti di essere sottoposte ad un esame che in concreto accerti il livello delle competenze professionali complessivamente acquisite da ciascuna, all’esito del suo percorso di studi in Italia e della successiva formazione professionale svolta in Bulgaria.

    In conformità con quanto statuito dalla Corte di giustizia sentenza 8 luglio 2021, C-166/20[49] (resa in una vicenda analoga a quella oggetto della presente controversia, in cui il ricorrente aveva maturato la qualificazione professionale necessaria in parte in Patria ed in parte all’estero), il Ministero dell’istruzione è in altri termini tenuto:

    — ad esaminare «l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli», posseduti da ciascuna interessata; non, dunque, a «prescindere» dalle attestazioni rilasciate dalla competente autorità dello Stato d’origine, come invece hanno ipotizzato le ordinanze di rimessione;

    — a procedere quindi ad «un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale», onde accertare se le stesse interessate abbiano o meno i requisiti per accedere alla ‘professione regolamentata’ di insegnante, eventualmente previa imposizione delle misure compensative di cui al sopra richiamato art. 14 della direttiva.”

    Non si vede dunque come si possa precludere automaticamente e a priori l’iscrizione e un analogo esame “in concreto” a mediatori italiani per il solo fatto che siano civili e commerciali e familiari.

    E ciò senza contare che la norma di legge prevede un percorso di 340 ore, mentre il regolamento arbitrariamente ha elevato il monte ore a 680, ha introdotto una “sanatoria” non prevista da alcuna previsione superiore per i mediatori penali già attivi ed i formatori di mediatori penali, ha infine richiesto in modo retroattivo e illegittimo di aver conseguito per i mediatori “non sanati” determinati requisiti – previsti dallo stesso decreto pubblicato a luglio 2023 –  al 30 dicembre 2022.

    Con ciò si è leso sicuramente anche il legittimo affidamento che cittadini italiani ed europei potevano nutrire nei confronti della disciplina del decreto 150/22.

    Anche il Coa Roma ha, da ultimo. ritenuto che “Il D.M. in questione appare pregiudicare gli interessi dell’Avvocatura con particolare riferimento alle cause di incompatibilità ed ai requisiti soggettivi di onorabilità.” Il Consiglio ha pertanto deliberato di impugnare il Decreto Ministeriale del Ministero della Giustizia emanato il 9 giugno 2023 che istituisce l’elenco mediatori esperti in giustizia riparativa[50].

    La norma di cui L’art. 9 c. 1 lett. a) del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) è dunque suscettibile di violare anche gli interessi degli avvocati che siano mediatori civili e commerciali e familiari.

    Aggiungerei però che anche la norma di cui all’art. 19 c. 3 mi sembra troppo stringente e dovrebbe essere oggetto di valutazione da parte dell’avvocatura:” 3. I mediatori esperti non possono svolgere la loro attività all’interno del medesimo distretto di corte d’appello in cui esercitano in via prevalente la professione forense gli stessi mediatori esperti ovvero i loro associati di studio, i membri dell’associazione professionale, i soci della società tra professionisti, il coniuge e il convivente, i parenti fino al secondo grado o gli affini entro il primo grado.”

    Personalmente non ne comprendo la ratio, in specie se l’avvocato sia civilista e non penalista. E comunque dal punto di vista logistico ciò impedisce di fatto all’avvocato di fare il mediatore penale.

    Appaiono infine bizzarre le incompatibilità previste delle lettere c) e d) dello stesso art. 19 c. 3 che dispongono: ”c) se il mediatore esperto, il coniuge o il convivente o il figlio di costui è tutore, curatore, procuratore, amministratore di sostegno o datore di lavoro di un partecipante al programma o del mediatore esperto coassegnatario del programma o di una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a);

     d) se il difensore, il tutore, il procuratore, il curatore, l’amministratore di sostegno di un partecipante al programma o del mediatore esperto coassegnatario del programma o di una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a) è ascendente, discendente, fratello, sorella, affine nello stesso grado, zio o nipote del mediatore esperto, del suo coniuge o convivente;”.

    Ci si chiede semplicemente come faccia il mediatore esperto coassegnatario ad essere un interdetto, mentre i mediatori civili e commerciali e familiari non possono, per il Ministero, fare i mediatori penali

    Alla fine di questa nota non si può che chiedere al Governo e/o al legislatore di intervenire nella maniera che riterrà più appropriata a tutela della riforma che è stata appena varata, dei suoi protagonisti e della mediazione, prima che la vicenda finisca al Tar del Lazio.


    [1] https://www.giustizia.it/giustizia/page/it/centri_per_la_giustizia_minorile

    [2] https://dgpj.justica.gov.pt/Portals/31/GRAL_Media%E7%E3o/Lista_mediadores_SMP_24.02.2020.pdf

    [3] Sentire ciò che l’altro sente, senza assumere una posizione favorevole o contraria, di simpatia o di antipatia, rispetto al sentire dell’altro (MORINEAU).

    [4] Nella concretezza del loro essere, dei loro bisogni, dei loro rapporti esistenziali, individuali e sociali, tornando a rendersi reciprocamente protagonisti — se possibile — della ricomposizione della trama della esistenza individuale e sociale (PALAZZO).

    [5] La vergogna è portatrice di umanità e di dignità.

    [6] Sullo Schema di decreto del Ministro della giustizia concernente: “Regolamento relativo alla disciplina del trattamento dei dati personali da parte dei Centri per la giustizia riparativa, ai sensi del articolo 65, comma 3, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”;

    [7] “Inoltre, il comma 2-bis, aggiunto dall’articolo art. 5-novies, comma 1, decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, ha previsto che le novelle introdotte nel codice penale e nel codice di procedura penale in riferimento alla giustizia riparativa si applicano nei procedimenti penali e nella fase di esecuzione della pena decorsi sei mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo, vale a dire dal 1° luglio 2023, all’evidenza confidando nel rispetto dello stesso termine per l’approvazione del regolamento in esame, a dispetto della tempistica formalmente prevista dall’articolo 65.”

    Art. 5-novies

     (Modifica all’articolo 92 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, recante disposizioni  transitorie  in  materia  di  giustizia  riparativa). 

       1. All’articolo 92 del decreto legislativo 10  ottobre  2022,  n. 150, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

      “2-bis. Le disposizioni in materia di giustizia riparativa  di  cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), lettera h), numero 2), e lettera l), all’articolo 5, comma 1, lettera e), numero  5),  e  lettera  f), all’articolo 7, comma  1,  lettera  c),  all’articolo  13,  comma  1, lettera  a),  all’articolo  18,  comma  1,  lettera  c),  numero  2), all’articolo 19, comma 1, lettera a),  numero  1),  all’articolo  22, comma 1, lettera e), numero 3), lettera f) e lettera l),  numero  2), all’articolo 23, comma 1, lettera a), numero 2), e lettera n), numero 1), all’articolo 25, comma 1, lettera d), all’articolo 28,  comma  1, lettera b), numero 1), lettera c), all’articolo 29, comma 1,  lettera a), numero 4), all’articolo 32,  comma  1,  lettera  b),  numero  1), lettera  d),  all’articolo  34,  comma  1,  lettera  g),  numero  3), all’articolo 38, comma 1,  lettera  a),  numero  2),  e  lettera  c), all’articolo 41, comma 1,  lettera  c),  all’articolo  72,  comma  1, lettera a), all’articolo 78,  comma  1,  lettera  a),  lettera  b)  e lettera c), numero 2), all’articolo 83, comma 1, e  all’articolo  84, comma 1, lettere a) e b), si  applicano  nei  procedimenti  penali  e nella fase dell’esecuzione della pena decorsi sei mesi dalla data  di entrata in vigore del presente decreto”.

    In particolare, l’art. 5-novies della LEGGE 30 dicembre 2022, n. 199 ha introdotto una modifica importante in materia di giustizia riparativa integrando il dettato dell’art. 92 del decreto legislativo 150/22. Per l’art. 6 del decreto 162/22 convertito appunto nella LEGGE 30 dicembre 2022, n. 199, entra invece in vigore il 30.12.22 la disciplina organica della giustizia riparativa (da art. 42 a 67) ai sensi dell’introdotto 99-bis del decreto 150/22 Entrano invece in vigore al 1° luglio 2023 tutte le applicazioni della giustizia riparativa (26 norme).

    In dettaglio non entrano in vigore a fine al 1° luglio  2023 le seguenti modifiche o integrazioni:

    1)            Il Codice penale (articoli 62 e 152).

    2)            Il Codice di procedura penale ( articoli 90-bis, 90 bis-1 (nuovo), 129 bis (nuovo), 293, 369, 386, 408, 409, 415 bis, 419, 429, 447, 460, 464 bis,  552, 656, 660).

    3)            Le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del Codice di procedura penale con l’introduzione di un solo articolo: il 45-ter.

    4)            la Legge 26 luglio 1975, n. 354 (legge sull’ordinamento penitenziario): art. 13, 15-bis (nuovo) e 47.

    5)            Il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni): art. 28

    6)            Il Decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 (Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni) : art. 1 c. 2, art. 1-bis (nuovo).

    [8] https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14_1.page?contentId=SST1288006&previsiousPage=mg_1_14#

    [9] Considerando  n. 46 della direttiva n. 2012/29/UE.

    [10] Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché’ in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari. (22G00159). (GU n.243 del 17-10-2022 – Suppl. Ordinario n. 38)

    https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2022-10-10;150

    [11] DECRETO 9 giugno 2023

    Disciplina delle forme e dei tempi della formazione finalizzata a conseguire la qualificazione di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa nonché delle modalità di svolgimento e valutazione della prova di ammissione alla formazione ed altresì della prova conclusiva della stessa. (23A03847) (GU n.155 del 5-7-2023)

    DECRETO 9 giugno 2023

    Istituzione presso il Ministero della giustizia dell’elenco dei mediatori esperti in giustizia riparativa. Disciplina dei requisiti per l’iscrizione e la cancellazione dall’elenco, del contributo per l’iscrizione allo stesso, delle cause di incompatibilità, dell’attribuzione della qualificazione di formatore, delle modalità di revisione e vigilanza sull’elenco, ed infine della data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione costituisce requisito obbligatorio per l’esercizio dell’attività. (23A03848) (GU n.155 del 5-7-2023)

    [12] Art. 59

     Formazione dei mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa

       1. La formazione  dei  mediatori  esperti  assicura  l’acquisizione delle conoscenze, competenze, abilità e  dei  principi  deontologici necessari a svolgere, con imparzialità,  indipendenza,  sensibilità ed equiprossimità, i programmi di giustizia riparativa.

      2. I mediatori esperti ricevono una formazione iniziale e continua.

      3. La formazione iniziale consiste in almeno duecentoquaranta  ore, di cui un terzo dedicato alla formazione teorica e due terzi a quella pratica, seguite da almeno cento ore  di  tirocinio  presso  uno  dei Centri per la giustizia riparativa di cui all’articolo 63.

     4. La formazione continua  consiste  in  non  meno  di  trenta  ore annuali, dedicate all’aggiornamento teorico e pratico,  nonché  allo scambio di prassi nazionali, europee e internazionali.

      5. La formazione teorica fornisce conoscenze su principi, teorie  e metodi  della  giustizia  riparativa,  nonché  nozioni  basilari  di diritto penale, diritto processuale  penale,  diritto  penitenziario, diritto minorile,  criminologia,  vittimologia  e  ulteriori  materie correlate.

      6. La formazione pratica mira a sviluppare capacità di  ascolto  e di relazione e  a  fornire  competenze  e  abilità  necessarie  alla gestione  degli  effetti  negativi  dei  conflitti,   con   specifica attenzione  alle  vittime,  ai  minorenni  e   alle   altre   persone vulnerabili.

      7. La formazione pratica  e  quella  teorica  sono  assicurate  dai Centri per la giustizia riparativa e dalle Università che operano in collaborazione, secondo le rispettive competenze. Ai  Centri  per  la giustizia  riparativa  è  affidata  in  particolare  la   formazione pratica, che viene impartita attraverso  mediatori  esperti  iscritti nell’elenco di cui all’articolo  60  i  quali  abbiano  un’esperienza almeno quinquennale nei servizi per la giustizia riparativa  e  siano in possesso di comprovate competenze come formatori.

      8. L’accesso ai corsi è subordinato al possesso di  un  titolo  di studio non inferiore alla laurea e al superamento  di  una  prova  di ammissione culturale e attitudinale.

      9. I partecipanti al corso di formazione acquisiscono la  qualifica di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa in  seguito al superamento della prova finale teorico-pratica.

      10. Con decreto del Ministro della giustizia, adottato di  concerto con il Ministro del  lavoro  e  delle  politiche  sociali  e  con  il Ministro dell’università e della ricerca, entro sei mesi dalla  data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati le forme e i tempi della formazione pratica e  teorica  di  cui  al  comma  7, nonché le modalità delle prove di cui ai commi 8 e 9. Gli oneri per la partecipazione alle attività di formazione ed alla  prova  finale teorico-pratica sono posti a carico dei partecipanti.

    [13] Cfr. La voce GIUSTIZIA RIPARATIVA nell’Enciclopedia del Diritto, col. 464 ess. 2017.

    [14] Sezione 10 Laki rikosasioiden ja eräiden riita-asioiden sovittelusta 9.12.2005/1015

    https://www.finlex.fi/fi/laki/ajantasa/2005/20051015

    [15] Kehittämispäällikkö Henrik, Elonheimo, THL, SOVITTELUN TULEVAISUUS: KOHTI PROFESSIOTA? Sovittelijapäivät 7.2.2019 https://thl.fi/documents/10531/2388936/Sovittelijap%C3%A4iv%C3%A4t+

    Elonheimo+2019+uusi+versio+FINALpptx.pdf/c9766275-64a7-4426-a989-

    75fb3860cae5

    [16] https://mediator.org.pl/zostan-mediatorem/kursy-szkolenia-z-mediacji/

    [17] E  pure altre categorie: v. art. 19 del Decreto 9 giugno 2023  (23A03848).

    [18] Sorge spontaneo domandarsi il perché il Consiglio di Stato sia stato investito solo degli aspetti relativi alla privacy e non di quelli sostanziali, sulla base di un Regolamento che ad oggi non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ( “Regolamento relativo alla disciplina del trattamento dei dati personali da parte dei Centri per la giustizia riparativa, ai sensi del articolo 65, comma 3, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”).

    [19] DECRETO 9 giugno 2023

    Istituzione presso il Ministero della giustizia dell’elenco dei mediatori esperti in giustizia riparativa. Disciplina dei requisiti per l’iscrizione e la cancellazione dall’elenco, del contributo per l’iscrizione allo stesso, delle cause di incompatibilità, dell’attribuzione della qualificazione di formatore, delle modalità di revisione e vigilanza sull’elenco, ed infine della data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione costituisce requisito obbligatorio per l’esercizio dell’attività. (23A03848) (GU n.155 del 5-7-2023)

    [20] Requisiti per l’esercizio dell’attività di mediatore esperto. Elenco dei mediatori esperti

       1. Oltre alla qualifica  di  cui  all’articolo  59,  comma  9,  per l’esercizio dell’attività  di  mediatore  esperto  in  programmi  di giustizia riparativa è necessario l’inserimento nell’elenco  di  cui al comma 2.

      2. Con decreto del Ministro della giustizia,  di  concerto  con  il Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali  e  con  il  Ministro dell’università e della ricerca, da adottarsi entro sei  mesi  dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è  istituito  presso il Ministero della giustizia l’elenco dei mediatori esperti. L’elenco contiene i nominativi dei mediatori esperti, con l’indicazione  della eventuale qualifica di  formatori.  Il  decreto  stabilisce  anche  i criteri per la valutazione delle esperienze e  delle  competenze  dei mediatori  esperti,  al   fine   dell’ammissione   allo   svolgimento dell’attività di formazione, nonché i criteri per l’iscrizione e la cancellazione,  anche  per  motivi  sopravvenuti,   dall’elenco,   le modalità di revisione dell’elenco, nonché’ la data a decorrere dalla quale  la  partecipazione  all’attività   di   formazione   di   cui all’articolo 59 costituisce requisito  obbligatorio  per  l’esercizio dell’attività di mediatore esperto. Lo stesso decreto disciplina  le incompatibilità con l’esercizio dell’attività di mediatore esperto, nonché i requisiti di  onorabilità  e  l’eventuale  contributo  per l’iscrizione nell’elenco.

      3. L’istituzione  e  la  tenuta  dell’elenco  di  cui  al  comma  2 avvengono nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e  strumentali già esistenti  e  disponibili  a  legislazione  vigente,  presso  il Ministero della giustizia,  senza  nuovi  o  maggiori  oneri  per  il bilancio dello Stato.

    [21] Art. 5

    Requisiti per l’inserimento nell’elenco ai sensi dell’art. 93, comma  1, lettera a), del decreto legislativo

     1. Il possesso dei requisiti formativi ed esperienziali per l’inserimento nell’elenco ai sensi degli articoli 60, comma 1, e 93, comma 1, lettera a) del decreto legislativo è attestato dall’interessato mediante:

     a) certificazione, rilasciata da soggetti ed enti pubblici o privati eroganti formazione specialistica nella materia, o

    istituzioni universitarie, comprovante il conseguimento, alla data del 30 dicembre 2022, di una formazione completa alla giustizia riparativa, analoga a quella di cui all’art. 59, commi 5 e 6, del decreto legislativo, ed altresì attestante le modalità di svolgimento dell’attività formativa teorica e pratica. La formazione attestata nella certificazione può comprendere la frequenza di corsi, la partecipazione a seminari e convegni nonché attività laboratoriali ed esperienziali, anche con l’utilizzo di esercitazioni pratiche di progettazione e sperimentazione della conduzione dei diversi programmi di giustizia riparativa, in riferimento a tutte le fasi dei distinti percorsi; discussioni guidate; analisi e discussioni di casi; giochi di ruolo; simulazioni; esercizi di risoluzione di problemi; esercizi di ascolto attivo; esercizi di comunicazione non verbale; sollecitazioni metaforiche; visione guidata di materiale audio-video; ascolto di testimonianze;

     b) certificazione, rilasciata da soggetti specializzati che erogano servizi di giustizia riparativa, pubblici o privati, i quali, alla data del 30 dicembre 2022, risultavano convenzionati con il Ministero della giustizia ovvero che alla medesima data risultavano operare in virtu’ di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri enti pubblici. La certificazione reca l’indicazione della convenzione o del protocollo, ed attesta il possesso, nell’arco del decennio precedente il 30 dicembre 2022, di un’esperienza nella conduzione di programmi, anche a titolo volontario e gratuito, presso i soggetti suindicati, della durata di almeno cinque anni, di cui tre consecutivi. A tal fine, la certificazione contiene: l’elenco dei programmi effettivamente svolti dall’interessato nel periodo indicato, tra quelli di cui all’art. 53, comma 1, lettere a), b) e c) del decreto legislativo; la loro tipologia e durata; la specifica indicazione di quelli gestiti in via esclusiva o quale componente operativo di un gruppo di lavoro.

    [22] “…previo  superamento  di  una  prova  pratica valutativa, il cui onere finanziario è a  carico  dei  partecipanti, come da successiva regolamentazione a mezzo di decreto  del  Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca.”

    [23] Art. 8

     Prova pratico-valutativa

     1. La prova pratico-valutativa di cui all’art. 93, comma 2, seconda ipotesi, del decreto legislativo, è organizzata, nell’ambito della collaborazione di cui all’art. 3, comma 2, del decreto ministeriale previsto dall’art. 59, comma 10, del decreto legislativo, dalle università e dai centri che individuano altresì le modalità attraverso le quali vengono sostenuti dai candidati gli oneri finanziari della prova.

     2. Alla stessa accedono esclusivamente i soggetti in possesso del requisito formativo di cui all’art. 93, comma 1, lettera b) del decreto legislativo, attestato nelle forme di cui all’art. 6, comma 1 e 3 del presente decreto. Alla prova sovrintende una commissione di almeno cinque membri, composta da due formatori teorici e tre mediatori esperti formatori, scelti nell’ambito della collaborazione di cui al comma 1.

    3. La prova consiste nella dimostrazione, da parte dei candidati, della piena padronanza delle competenze tecnico-pratiche e delle specifiche abilità acquisite nel percorso formativo effettuato. La stessa, in particolare, mira a valutare, ai sensi dell’art. 59, comma

    6, del decreto legislativo, il possesso, in capo ai candidati stessi, di capacità di ascolto e di relazione, nonché’ delle seguenti competenze, abilità e capacità necessarie alla gestione degli effetti negativi dei conflitti:

     a) consapevolezza dei propri conflitti e danni, cagionati e subiti;

     b) piena padronanza delle pratiche e delle tecniche della mediazione, del dialogo riparativo e di ogni altro programma dialogico di cui all’art. 53, comma 1, lettera c), del decreto legislativo;

     c) sensibilità specifica per i peculiari ambiti applicativi della giustizia riparativa, tra cui quelli relativi ai reati più gravi o commessi in contesti di criminalità organizzata o altresì con vittime minorenni o altrimenti vulnerabili;

     d) capacità di discernimento del programma più idoneo al caso concreto e abilità di seguirne integralmente il relativo percorso, gestendone con competenza ogni sua fase;

     e) idoneità al lavoro di gruppo con altri mediatori esperti ed altresì abilità di costruire il gruppo di lavoro idoneo al caso concreto;

     f) specifiche competenze necessarie per operare nell’ambito di un servizio pubblico nonché abilità relazionali e dialogiche funzionali all’interazione anche con i servizi della giustizia, l’autorità giudiziaria, i difensori, i servizi del territorio, le autorità di pubblica sicurezza ed ogni ulteriore interlocutore sociale.

     4. La prova, della durata complessiva non inferiore a sei ore, da svolgersi in presenza, consiste nella simulazione di un programma articolato nei differenti momenti ed attività di cui lo stesso si compone: segnalazione del caso; gestione delle attività preliminari, tra cui valutazione individualizzata della vittima e della persona indicata come autore dell’offesa, scelta dello stile del linguaggio da utilizzare e attività di informazione nei confronti dei partecipanti; scelta del programma più utile per la gestione del conflitto avente rilevanza penale; raccolta del consenso; conduzione del programma prescelto, con specifico riferimento alla gestione dei rapporti con l’altro mediatore, ed eventuali ulteriori mediatori, con la vittima o le vittime del reato, la persona indicata come autore dell’offesa e i loro familiari, con gli altri partecipanti, con l’autorità giudiziaria, con i difensori, gli interpreti ed i traduttori, con i servizi della giustizia e del territorio, con l’autorità di pubblica sicurezza e con ogni ulteriore interlocutore sociale; costruzione, ove possibile, dell’accordo riparativo; redazione della relazione e delle ulteriori comunicazioni all’autorità giudiziaria; gestione dell’esito del programma. A mezzo della simulazione in questione, i candidati dimostrano le competenze e abilità acquisite con riferimento ad ognuna delle fasi e delle attività indicate al capoverso che precede. Alla simulazione partecipano, nei differenti ruoli richiesti dal programma, soggetti scelti dalla commissione di cui al comma 2, secondo periodo.

     5. La prova finale si conclude con la valutazione, debitamente attestata, di idoneità o non idoneità del candidato.

     6. Nell’organizzazione, svolgimento e valutazione della prova si tiene conto delle peculiari esigenze dei candidati portatori di disabilità o di disturbi specifici dell’apprendimento – DSA, ove debitamente documentati, e si provvede ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della legge 8 ottobre 2010, n. 170, nonché dell’art. 3, comma 4-bis, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, e del decreto del 9 novembre 2021 della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica.

    [24] Art. 7

    Requisiti per l’inserimento nell’elenco ai sensi dell’art. 93, comma  1, lettera c), del decreto legislativo

     1. Il possesso dei requisiti formativi ed esperienziali per l’inserimento nell’elenco ai sensi dell’art. 93, comma 1, lettera c) del decreto legislativo, è attestato dall’interessato mediante:

     a) documentazione, presentata ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante il servizio prestato presso i servizi minorili della giustizia o presso gli uffici di esecuzione penale esterna alla data del 30 dicembre 2022, ed ancora in essere all’epoca di presentazione della domanda;

     b) certificazione, rilasciata da soggetti ed enti pubblici o privati eroganti formazione specialistica nella materia o istituzioni universitarie, comprovante il conseguimento, alla data del 30 dicembre 2022, di una adeguata formazione alla giustizia riparativa, analoga a quella di cui all’art. 59, commi 5 e 6, del decreto legislativo, ed altresì attestante le modalità di svolgimento dell’attività formativa teorica e pratica. La formazione attestata nella certificazione può comprendere la frequenza di corsi, la partecipazione a seminari e convegni nonché’ attività laboratoriali ed esperienziali, anche con l’utilizzo di esercitazioni pratiche di progettazione e sperimentazione della conduzione dei diversi programmi di giustizia riparativa, in riferimento a tutte le fasi dei distinti percorsi; discussioni guidate; analisi e discussioni di casi; giochi di ruolo; simulazioni; esercizi di risoluzione di problemi; esercizi di ascolto attivo; esercizi di comunicazione non verbale; sollecitazioni metaforiche; visione guidata di materiale audio-video; ascolto di testimonianze;

     c) apposita certificazione, attestante il possesso di un’esperienza acquisita nella medesima materia mediante il servizio prestato presso gli uffici di cui alla lettera a), della durata di almeno cinque anni, di cui tre consecutivi, nell’arco del decennio precedente il 30 dicembre 2022. A tal fine, la certificazione contiene: l’elenco dei programmi effettivamente svolti, tra quelli di cui all’art. 53, comma 1, lettere a), b) e c) del decreto legislativo, nel periodo indicato e nell’ambito del servizio prestato dall’interessato; la tipologia e durata di ogni singolo programma; la specifica indicazione di quelli gestiti in via esclusiva o quale componente operativo di un gruppo di lavoro.

    [25] 1. La domanda di iscrizione nell’elenco dei mediatori esperti istituito in conformità all’art. 3 è presentata utilizzando i modelli uniformi predisposti dal responsabile, resi disponibili salsito del Ministero ed è trasmessa al Ministero stesso, unitamente alla documentazione indicata da ciascun modello, in via telematica, mediante utilizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

    [26] DECRETO 9 giugno 2023

    Disciplina delle forme e dei tempi della formazione finalizzata a conseguire la qualificazione di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa nonché delle modalità di svolgimento e valutazione della prova di ammissione alla formazione ed altresì della prova conclusiva della stessa. (23A03847)

    (GU n.155 del 5-7-2023)

    [27] È curioso che questo requisito non si precisi anche nella bozza di d.m. del 2 giugno per i mediatori civili e commerciali.

    [28] Cfr. art. 10 DECRETO 9 giugno 2023 (23A03848).

    [29] Vi sono poi anche situazioni soggettive definite “incompatibilità” dal decreto su cui si potrebbe discutere e si discuterà nei prossimi giorni.

    Art. 19

     Cause di incompatibilità

     1. Non possono esercitare l’attività di mediatore esperto:

     a) i membri del Parlamento nazionale, i membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, i membri del Governo;

     b) i membri delle giunte degli enti territoriali, nonché i consiglieri regionali, provinciali, comunali e municipali, all’interno del distretto di corte d’appello in cui hanno sede gli enti presso i quali i predetti svolgono il loro mandato;

     c) coloro che ricoprono o che hanno ricoperto, nei tre anni precedenti alla domanda di iscrizione nell’elenco, incarichi direttivi o esecutivi in partiti o movimenti politici o nelle associazioni sindacali maggiormente rappresentative;

     d) coloro che ricoprono la carica di difensore civico;

     e) coloro che ricoprono la carica di Autorità garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e di garante territoriale dei diritti dei detenuti.

     2. Non possono esercitare l’attività di mediatore esperto, all’interno del distretto di corte d’appello in cui svolgono a qualsiasi titolo le loro funzioni, i magistrati onorari. Tale incompatibilità è limitata al periodo di effettivo esercizio delle funzioni per i giudici popolari della corte d’assise e per gli esperti delle sezioni specializzate agrarie.

     3. I mediatori esperti non possono svolgere la loro attività all’interno del medesimo distretto di corte d’appello in cui esercitano in via prevalente la professione forense gli stessi mediatori esperti ovvero i loro associati di studio, i membri dell’associazione professionale, i soci della società tra professionisti, il coniuge e il convivente, i parenti fino al secondo grado o gli affini entro il primo grado.

     4. Sussiste altresì incompatibilità con l’esercizio dell’attività di mediatore esperto, in relazione al singolo programma:

     a) se il mediatore esperto, il suo coniuge o convivente, uno dei suoi ascendenti, discendenti, fratelli, sorelle, affini nello stesso grado, zii e nipoti hanno interesse nel programma relativo al procedimento penale, nelle ipotesi previste dall’art. 44, commi 2 e 3, del decreto legislativo, o nel procedimento penale stesso;

     b) se un partecipante al programma, il mediatore esperto coassegnatario del programma o una delle parti private o dei difensori del procedimento penale di cui alla lettera a) è debitore o creditore del mediatore esperto, del coniuge o del convivente o del figlio del mediatore stesso;

     c) se il mediatore esperto, il coniuge o il convivente o il figlio di costui è tutore, curatore, procuratore, amministratore di sostegno o datore di lavoro di un partecipante al programma o del mediatore esperto coassegnatario del programma o di una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a);

     d) se il difensore, il tutore, il procuratore, il curatore, l’amministratore di sostegno di un partecipante al programma o del mediatore esperto coassegnatario del programma o di una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a) è ascendente, discendente, fratello, sorella, affine nello stesso grado, zio o nipote del mediatore esperto, del suo coniuge o convivente;

     e) se vi è inimicizia grave fra un partecipante al programma o una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a) e uno dei seguenti soggetti: il mediatore esperto; il coniuge o il convivente dello stesso; gli ascendenti, i discendenti, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti del mediatore esperto;

     f) se è partecipante al programma o comunque vittima del reato o offeso o danneggiato dal reato o parte privata del procedimento penale di cui alla lettera a) uno dei seguenti soggetti: ascendenti, discendenti, fratelli, sorelle, affini nello stesso grado, zii e nipoti del mediatore esperto o del suo coniuge o convivente;

     g) in ogni caso in cui è partecipante al programma persona alla quale il mediatore esperto è legato da un rapporto personale o professionale.

     5. Il mediatore esperto non può altresì ricoprire il ruolo di partecipante in un programma che si svolga presso il Centro per il quale costui presta la propria opera.

     6. Chi ha svolto la funzione di mediatore esperto non può intrattenere rapporti professionali di qualsiasi genere con alcuno dei partecipanti al programma prima che siano decorsi due anni dalla conclusione dello stesso.

     7. Il mediatore esperto, all’atto dell’affidamento di un caso, rilascia una dichiarazione di impegno, dallo stesso sottoscritta, diretta al responsabile del Centro, nella quale dichiara espressamente, ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di non versare in alcuna delle cause di incompatibilità di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 del presente decreto. Laddove la causa di incompatibilità sussista, il mediatore esperto lo dichiara per iscritto nelle forme di cui al primo periodo del presente comma ed è tenuto ad astenersi dal seguire il programma.

    8. Il responsabile ha facoltà di accertare la veridicità delle dichiarazioni rese dal richiedente ai sensi dell’art. 71 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

     9. La violazione degli obblighi inerenti alle dichiarazioni previsti dal presente articolo, commesse da un mediatore esperto che è pubblico dipendente o professionista iscritto in un albo o collegio professionale, costituisce illecito disciplinare sanzionabile ai sensi delle rispettive normative deontologiche. Il responsabile dell’elenco è tenuto a informarne gli organi competenti.

    [30] A compter du 1er avril prochain, il sera libre à toute personne de faire tel négoce ou d’exercer telle profession, art ou métier qu’elle trouvera bon ; mais elle sera tenue de se pourvoir auparavant d’une patente, d’en acquitter le prix, et de se conformer aux règlements de police qui sont ou pourront être faits.

    [31] Art. 9

     Requisiti soggettivi e di onorabilità

       1.  I  soggetti  che  chiedono  l’inserimento  nell’elenco   devono possedere inoltre i seguenti requisiti:

    1. non essere iscritti all’albo dei mediatori civili, commerciali o familiari;

    (omissis)

    [32] DECRETO 9 giugno 2023

    Istituzione presso il Ministero della giustizia dell’elenco dei mediatori esperti in giustizia riparativa. Disciplina dei requisiti per l’iscrizione e la cancellazione dall’elenco, del contributo per l’iscrizione allo stesso, delle cause di incompatibilità, dell’attribuzione della qualificazione di formatore, delle modalità di revisione e vigilanza sull’elenco, ed infine della data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione costituisce requisito obbligatorio per l’esercizio dell’attività.(23A03848) (GU n.155 del 5-7-2023)

    [33] Alessandro Del Dotto, L’atto amministrativo è di regola irretroattivo.

    https://www.altalex.com/documents/news/2008/10/09/l-atto-amministrativo-e-di-regola-irretroattivo

    [34] Consiglio di Stato, Sentenza n. 4301/2008.

    [35] 5. La presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di diritto penale. Tuttavia, gli Stati membri non possono limitare la libertà di fornire servizi applicando disposizioni di diritto penale che disciplinano specificamente o influenzano l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa, aggirando le norme stabilite nella presente direttiva.

    [36] Articolo 10

    Condizioni di rilascio dell’autorizzazione

    1. I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario.

    2. I criteri di cui al paragrafo 1 devono essere:

    a) non discriminatori;

    b) giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

    c) commisurati all’obiettivo di interesse generale;

    d) chiari e inequivocabili;

    e) oggettivi;

    f) resi pubblici preventivamente;

    g) trasparenti e accessibili.

    (omissis)

    [37] 2. Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti: (omissis)

    b) requisiti che impongono al prestatore di avere un determinato statuto giuridico;

    (omissis)

    [38] Articolo 18

    Deroghe per casi individuali

    1. In deroga all’articolo 16 e a titolo eccezionale, uno Stato membro può prendere nei confronti di un prestatore stabilito in un altro Stato membro misure relative alla sicurezza dei servizi.

    2. Le misure di cui al paragrafo 1 possono essere assunte esclusivamente nel rispetto della procedura di mutua assistenza prevista all’articolo 35 e se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

    a) le disposizioni nazionali a norma delle quali sono assunte le misure non hanno fatto oggetto di un’armonizzazione comunitaria riguardante il settore della sicurezza dei servizi;

    b) le misure proteggono maggiormente il destinatario rispetto a quelle che adotterebbe lo Stato membro di stabilimento in conformità delle sue disposizioni nazionali;

    c) lo Stato membro di stabilimento non ha adottato alcuna misura o ha adottato misure insufficienti rispetto a quelle di cui all’articolo 35, paragrafo 2; d) le misure sono proporzionate.

    3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le disposizioni che garantiscono la libertà di prestazione dei servizi o che permettono deroghe a detta libertà, previste in atti comunitari.

    [39] Articolo 20

    Non discriminazione

    1. Gli Stati membri provvedono affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza.

    2. Gli Stati membri provvedono affinché le condizioni generali di accesso a un servizio che il prestatore mette a disposizione del grande pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario, ferma restando la possibilità di prevedere condizioni d’accesso differenti allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi

    [40] Articolo 25

    Attività multidisciplinari

    1. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.

    Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti:

    a) le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità;

    b) i prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l’indipendenza e l’imparzialità.

    2. Quando le attività multidisciplinari tra i prestatori di cui al paragrafo 1, lettere a) e b) sono autorizzate, gli Stati membri provvedono affinché:

    a) siano evitati i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività;

    b) siano garantite l’indipendenza e l’imparzialità che talune attività richiedono;

    c) le regole di deontologia professionale e di condotta relative alle diverse attività siano compatibili tra loro, soprattutto in materia di segreto professionale.

    3. Nella relazione di cui all’articolo 39, paragrafo 1, gli Stati membri precisano i prestatori soggetti ai requisiti di cui al paragrafo 1 del presente articolo, il contenuto dei requisiti e le ragioni per le quali li ritengono giustificati.

    [41] https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:376:0036:0068:it:PDF

    [42] Art. 10

        (Libertà di accesso ed esercizio delle attività di servizi)

    1. Nei limiti del presente decreto,  l’accesso  e  l’esercizio  delle attività di servizi  costituiscono  espressione  della  libertà  di iniziativa economica e non possono essere  sottoposti  a  limitazioni non giustificate o discriminatorie.

    [43] Art. 11 (Requisiti vietati)

    1.  L’accesso  ad  un’attività  di  servizi  o  il suo esercizio non possono essere subordinati al rispetto dei seguenti requisiti: (omissis)

    b)  il divieto di avere stabilimenti in più di uno Stato membro o di essere   iscritti  nei  registri  o  ruoli  di  organismi,  ordini  o associazioni professionali di altri Stati membri (omissis)

    [44]    Art. 35 (Attività multidisciplinari)

    1.  I  prestatori  possono  essere  assoggettati  a  requisiti che li obblighino  ad  esercitare  esclusivamente  una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse solo nei casi seguenti:

    a)   professioni   regolamentate,   nella  misura  in  cui  ciò  sia giustificato  per  garantire  il  rispetto  di  norme  di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità;

    b)   prestatori   che   forniscono   servizi  di  certificazione,  di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui   ciò   sia   giustificato   per  assicurarne  l’indipendenza  e l’imparzialità.

    2.  Nei  casi  in  cui  è  consentito lo svolgimento delle attività multidisciplinari di cui al comma 1:

    a)  sono  evitati  i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività;

    b)   sono  garantite  l’indipendenza  e  l’imparzialità  che  talune attività richiedono;

    c)  è  assicurata  la  compatibilità  delle  regole  di deontologia professionale   e   di  condotta  relative  alle  diverse  attività, soprattutto in materia di segreto professionale.

    [45] Corte di giustizia dell’Unione europea

    [46] 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

    2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”

    [47] Corte Europea dei diritti dell’uomo. Guida all’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.

    Diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza.

    https://www.echr.coe.int/documents/d/echr/guide_art_8_ita

    [48] Sentenza del 28 dicembre 2022.

    https://www.eius.it/giurisprudenza/2022/715

    [49] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:62020CJ0166

    [50] https://www.ordineavvocatiroma.it/ricorso-al-tar-del-coa-roma-giustizia-riparativa-d-m-9-giugno-2023/

    In evidenza

    Il valore della Mediazione nella Riforma della Giustizia

    Un ottimo saggio di Maria Martello in libreria dal 2 maggio.

    Maria Martello ha insegnato Psicologia dei rapporti interpersonali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia dove ha anche coordinato il Corso di perfezionamento in Mediazione dei conflitti.
    È stata Giudice on. presso il Tribunale per i minorenni e la Corte d’appello di Milano.
    Formatrice alla mediazione umanistico-filosofica e Autrice di molti saggi tra cui La formazione del mediatoreUna giustizia altra e altraLa mediazione nella vita e nei TribunaliCostruire relazioni intelligenti.

    In evidenza

    Una modesta proposta

    (Per il legislatore)

    Nel 1729 quello che possiamo considerare il maggior genio dell’Età dei Lumi, Jonathan Swift, scrisse sull’orlo dell’insania mentale, un libello[1] in cui suggeriva ai poveri irlandesi di alleviare il loro misero stato vendendo centomila figli ai ricchi inglesi, i quali ne avrebbero potuto ricavare così, previa un breve periodo di sostentamento, cibo prelibato.

    Swift prese posizione a favore della popolazione d’Irlanda oppressa e immiserita dagli inglesi fingendo di compiacersi della propria compassata proposta di soluzione economica del problema della povertà: vendere centomila bambini poveri nati ogni anno ai ricchi possidenti affinché questi li usino come cibo.

    Anche il sottoscritto che non è certo un principe dell’Età dei Lumi e che invece è forse parimenti sull’orlo dell’insania mentale ardisce fare una proposta al legislatore italiano.

    Se si legge con attenzione il futuro art. 8 c. 6 del Decreto 28/10 (“Le parti e gli avvocati che le assistono cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse”) e lo si  confronta con la definizione che viene data nel 2014 della negoziazione assistita (“Un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza dei propri avvocati”), si può notare che  quest’ultima va maggiormente al punto perché parla di “risolvere la controversia”.

    Certo l’art. 5 c. 4 del Decreto 28/10 reciterà il 30 giugno 2023: “Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo di conciliazione.”, ovvero si parla di conciliazione.

    Ma se leggete bene l’8 c. 6 le parti (i loro avvocati) potrebbero limitarsi a discutere in diritto e in fatto delle questioni controversie e dunque semplicemente a definire meglio l’oggetto del futuro giudizio (“effettivo confronto sulle questioni controverse”) e poi comunicare al mediatore che non intendono conciliare, magari chiedendo di mettere a verbale quanto scaturito dall’incontro e vedendo peraltro regolarmente assolta la condizione di c.p.

    Non è un caso dunque per me che la legge delega 206/21 al punto l preveda che “coloro che non abbiano conseguito una laurea nelle discipline giuridiche possano essere abilitati a svolgere l’attività di mediatore dopo aver conseguito un’adeguata formazione tramite specifici percorsi di approfondimento giuridico, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

    Questo modo di affrontare la mediazione non è certo nuovo: viene praticato in diversi paesi del mondo e della UE (in alcuni paesi addirittura c’è uno sconto sul c.u. se si arriva dal giudice con una questione meglio definita in fatto ed in diritto).

    È  probabile che questa strategia verrà presa in considerazione anche dai nostri legali se il costo del primo incontro sarà basso per le parti.

    Ma è questo ciò che vogliamo dalla mediazione? Ciò porterà comunque ad una deflazione del contenzioso?

    Se approfondiamo questa riflessione possiamo verificare agevolmente che la relazione al decreto legislativo 149/22 non dice niente su che cosa voglia dire “cooperare in buona fede e con lealtà”.

    Il che porta il mio primo sospetto ad una certezza.

    Nel nostro ordinamento a suo tempo, per la negoziazione assistita si è tirato in ballo l’art. 1137 C.C. che richiama a sua volta il 1175 C.C.

    E ci si è messi a discutere sulla responsabilità precontrattuale.

    In sostanza si rispetterebbe il dettato della legge nel momento in cui si ottempera al dovere di informare la controparte: A) sulle circostanze rilevanti (invalidità o inefficacia di un futuro contratto), B) sui vizi della cosa oggetto del contratto, C) sulla inutilità della prestazione; quando non si induce la controparte a stipulare un contratto con inganno o a concludere un contratto pregiudizievole; quando si coopera perché il contratto sia efficace o comunque utile; quando non si interrompono le trattative senza una ragionevole giustificazione.

    Mi chiedo se basti tutto ciò a perimetrare l’ambito ed il senso della mediazione cooperativa in buona fede e lealtà.

    La mediazione viene dagli Stati Uniti e comunque da un mondo di common law dove vigono alcuni valori e le parole hanno un senso peculiare.

    Se io importassi in Groenlandia la pasta al pesto la preparerei secondo le regole dove la pasta al pesto è nata.

    Se invece semplicemente discuto in fatto ed in diritto e mi limito a rispettare l’art. 1137 C.c. e l’art. 1175 (la cui analisi è peraltro di pertinenza del giudice) faccio la pasta al pesto alla groenlandese.

    Non credo, con tutto il rispetto per la cucina della Groenlandia, che soddisferò molti palati.

    Cooperare in buona fede e lealtà nel paese dove la mediazione è nata ha un significato preciso che non si può ignorare se non si vuole snaturare l’istituto.

    Cooperare significa seguire la dinamica della collaborazione (mantenere una relazione simmetrica) e adottare il metodo di Harvard per negoziare, non discutere semplicemente del fatto e del diritto seguendo le regole dell’art. 1137 C.C.

    Certo il metodo del negoziato di princìpi si deve imparare e non viene alla mente per Grazia divina.

    Buona fede poi ha nel mondo anglo sassone un significato ben preciso:“That being said, both parties must enter mediation with good faith, meaning that the parties have the sincere intention of trying to find a resolution in the dispute[2].”

    Buona fede significa dunque avere la sincera intenzione di provare a trovare una soluzione per la disputa.

    La lealtà la potremmo poi definire così: “Oftentimes, loyalty is the act of putting the needs or wants of others ahead of your own even when it is not ideal or convenient. On a personal level, loyalty is shown through trust, selfless acts, dedication to your relationship, and a supportive mindset[3]” (Spesso, la lealtà è l’atto di mettere i bisogni o i desideri degli altri davanti ai propri anche quando non è ideale o conveniente. A livello personale, la lealtà si manifesta attraverso la fiducia, gli atti disinteressati, la dedizione alla relazione e una mentalità solidale).

    Quindi deduco che cooperare con buona fede e lealtà significhi usare un metodo di negoziazione cooperativo con l’intenzione sincera di risolvere la disputa e di considerare durante la procedura i desiderata degli altri anche quando per noi possono sembrare non ideali e convenienti.

    E dunque ecco la mia insana proposta di modifica dell’art. 1 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.

    Art. 1 (invariato)

     Definizioni

    1. Ai fini del presente decreto legislativo, si intende per: a) mediazione: l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la  composizione  di   una controversia,  anche  con  formulazione  di  una  proposta   per   la risoluzione della stessa;

    b) mediatore: la   persona   o   le   persone   fisiche   che, individualmente o collegialmente, svolgono  la  mediazione  rimanendo prive, in ogni caso,  del  potere  di  rendere  giudizi  o  decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo;

    c) conciliazione: la composizione di una controversia  a  seguito dello svolgimento della mediazione;

    d) cooperazione: utilizzo della dinamica collaborativa;

    e) buona fede: sincera intenzione di provare a trovare una soluzione per la disputa;

    f) lealtà: l’atto di mettere i bisogni o i desideri degli altri davanti ai propri anche quando non è ideale o conveniente. A livello personale, la lealtà si manifesta attraverso la fiducia, gli atti disinteressati, la dedizione alla relazione e una mentalità solidale;

    d) organismo: l’ente pubblico o privato, presso il  quale  può svolgersi  il  procedimento  di  mediazione  ai  sensi  del  presente decreto;

    e) registro: il registro degli organismi istituito con  decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 16  del  presente decreto, nonché, sino all’emanazione di tale  decreto,  il  registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222.

    Ed ora potete farmi tranquillamente un TSO, tanto il modo in cui si farà mediazione dopo il 30 giugno 2023 non mi piacerà.                            


    [1] “Una modesta proposta per impedire ai figli della povera popolazione d’Irlanda dal pesare sui propri genitori e sul Paese per consentire che essi siano di beneficio al pubblico”

    [2] Good Faith in Mediation by MARIAN GRANDE November 11, 2020.

    [3] https://www.calendar-uk.co.uk/faq/what-are-the-three-types-of-loyalty

    In evidenza

    Quando si vuole far fallire la mediazione

    Chi mi conosce sa che non ho peli sulla lingua, non li ho mai avuti e per questo ho pagato e continuo a pagare diversi prezzi, a seconda della situazione.

    Ma nella vita devi scegliere, se stare zitto in attesa di qualche beneficio o parlare sapendo già che ti costerà discredito, nella migliore delle ipotesi.

    Io ho fatto la seconda scelta e parlo: si vede che sono masochista, ma non si può andare contro natura.

    Da venti anni mi occupo di mediazione e come molti mediatori potrei raccontare mille esempi che giustifichino il titolo di questa nota.

    Mi voglio però limitare ai tempi recenti, anzi ai tempi recentissimi.

    Due parole sulla mediazione civile e commerciale.

    Con la riforma Cartabia dal 30 giugno 2023 estenderanno la condizione di procedibilità ad ipotesi che non faranno superare lo 0,51%, ossia la percentuale di accordi in mediazione rispetto al contenzioso civile e commerciale di primo grado (dato 2020 del contenzioso che è quello conosciuto).

    E non a caso la mediazione è tornata sperimentale.

    Hanno pensato poi ad un meccanismo bizantino di pagamento degli Organismi che non tiene conto del modello della dinamica della collaborazione, modello noto come metodo Harvard che richiede anche cinque ore di tempo per dare risultati efficaci.

    Così come nel 2013 avevano partorito il primo incontro senza tenere in alcun conto la psicologia dell’essere umano, solo perché si disse (ma io non ci credo visto che in Grecia invece il bavaglio alla Corte Suprema l’hanno messo senza tante storie) che poteva nuovamente arrivare la tagliola della Corte Costituzionale.

    Oggi poi, sempre dal 30 giugno 2023, hanno stabilito un termine della mediazione (3 mesi + 3 mesi di proroga) che non sarà facile rispettare nella pratica per i plurimi motivi che tutti i mediatori praticanti conoscono bene; e nessuno sa che cosa possa accadere se venga sforato il termine (Agenzia delle Entrate magari faccelo sapere in anticipo, una volta tanto).

    Hanno previsto una disciplina del gratuito patrocinio che rende più facile giocare al Superenalotto e vincere piuttosto che ottenere la liquidazione della parcella (lo stesso vale per la negoziazione assistita).

    Non si sa quando arriverà la novella del d.m. 180/10 e si è commesso così di nuovo l’errore del 2010 (ma forse anche questa è una scelta e non un errore) quando si è fatta una legge sulla mediazione senza mediatori e formatori che avessero già una esperienza consolidata da progetti pilota (v. ciò che è accaduto al contrario e virtuosamente in Argentina).

    Se devo mediare in modo nuovo per rispettare dei politici bizantinismi di pagamento, la disciplina della mia formazione non può arrivare a maggio o a giugno, a meno che appunto non si voglia far fallire il tutto.

    Veniamo ora sinteticamente alla mediazione familiare.

    Ci sono plurime critiche che si possono fare: ad es. il legislatore ha tirato fuori la Convenzione di Istanbul a capocchia, i tempi processuali non consentono di mediare, non si capisce perché abbiano fatto copia e incolla con la disciplina dei CTU per l’elenco dei mediatori familiari ecc.

    Ma c’è una cosa che proprio non riesco a digerire perché con tutti i professori e le eminenze grigie che si sono confrontati, una sciocchezza così poteva essere partorita solo volendola, solo volendo appunto affondare l’istituto della mediazione familiare.

    E pensare che basterebbe aggiungere un “non” all’art. 12-ter c. 1 Disp. att. c.p.c. per far partire davvero il sistema: ci pensi il legislatore, ha tempo sino al 30 giugno 2023 per farlo.

    Come è noto l’art. 12-bis Disp. att. c.p.c. stabilisce che “Presso ogni tribunale è istituito un elenco di mediatori familiari.”.

    La cosa dovrebbe partire dal 30 giugno 2023.

    L’art. 12-ter prevede che “L’elenco è tenuto dal presidente del tribunale ed è formato da un comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica e da un mediatore familiare, designato dalle associazioni professionali di mediatori familiari inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, che esercita la propria attività nel circondario del tribunale.”.

    Gli artt. 12-ter e 12-quater stabiliscono poi quali compiti spettano ai componenti del Comitato (Vigilanza, possibili Procedimenti Disciplinari nei confronti degli iscritti nell’elenco e Decisione sulle domande di iscrizione). 

    Contro ogni logica, e lo capirebbe anche un bambino (che non si perde nel centro di Bologna), hanno previsto, e lo rimarco, che il mediatore familiare, designato dalle associazioni professionali di mediatori familiari inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, eserciti la propria attività nel circondario del tribunale.

    Ora se io sono chiamato a nominare mediatori e a vigilare su un elenco di persone e faccio parte del circondario del tribunale non posso per ragioni di opportunità autonominarmi nell’elenco e autovigilarmi (lo dice il buon senso anche se non c’è una norma che lo vieti): quindi se rispetto l’etica entro nel comitato e smetto di lavorare.

    Secondo voi chi rinuncia a lavorare da mediatore familiare dopo aver studiato e praticato per diversi anni della sua vita?

    Ma andiamo avanti.

    Se invece mi autonomino e mi autovigilo perché non c’è altra scelta (e oggi non c’è scelta), può accadere che, essendo del circondario, conosca bene i mediatori (in certe regioni si contano sulle dita di una mano) e magari non sia portato a valutarli oggettivamente come dovrei.

    Per queste ragioni il mediatore che fa parte del comitato non dovrebbe esercitare la propria attività nel circondario.

    Se così fosse potrebbe iscriversi all’elenco di altro circondario e potrebbe lavorare lì con buona pace delle sue finanze; e allo stesso tempo, per amore della mediazione e la diffusione della sua cultura, svolgere le funzioni istituzionali richieste dal comitato in altro circondario con buona pace dell’etica e della oggettività.

    Non c’è nemmeno bisogno di andare in loco, esiste la tecnologia come il legislatore non perde occasione di insegnarci.

    Se vogliamo che la mediazione familiare parta e che il comitato possa operare seriamente e oggettivamente aggiungiamo dunque un “non” al primo comma dell’articolo 12-ter Disp. att. c.p.c.

    Diversamente a me continuerà a restare fortemente il dubbio che ho espresso nel titolo.

    In evidenza

    Il Genogramma: teoria e pratica

    Quando i genitori si separano o divorziano pensano soprattutto al benessere dei loro figli.

    Ora il benessere dei figli si intreccia con due condizioni che affliggono i genitori: la paura (o insicurezza) e le esigenze che si vogliono soddisfare nel nuovo cammino.

    In altre parole ogni genitore ha bisogno di essere rassicurato, di possedere la certezza che determinati bisogni del bambino saranno soddisfatti dall’altro genitore.

    Prima di raggiungere questa consapevolezza però è necessario comprendere da che cosa bisogna essere rassicurati e quali sono i nostri bisogni.

    Il Genogramma è uno strumento che risponde in modo diretto ad entrambe le domande: aiuta ad individuare paure e bisogni.

    Per questo i mediatori lo usano in mediazione familiare: è più semplice aiutare le persone a programmare positivamente il futuro dei propri figli se si comprende in tempi rapidi di che cosa hanno necessità i genitori.

    Il Genogramma richiede però un piccolo sacrificio alle persone, parlare del proprio passato familiare.

    Di ciò non si può fare a meno anche per superare il trauma separativo che è una componente sempre presente.

    Oliver Sacks in “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” ci spiega esattamente che cosa fare.

    “Per essere noi stessi dobbiamo avere noi stessi – possedere, se necessario ri-possedere, la storia del nostro vissuto. Dobbiamo ripetere noi stessi, nel senso etimologico del termine, rievocare il dramma interiore, il racconto di noi stessi. L’uomo ha bisogno di questo racconto, di un racconto interiore continuo, per conservare la sua dignità, il suo sé.”

    Ecco quello che proveremo a fare l’8 marzo 2023 dalle 14 alle 20, ovviamente in presenza a Genova in Via Macaggi 23/4

    In evidenza

    Corso per formatori e mediatori del Coa Reggio Emilia

    In un momento di difficoltà per tutti i colleghi può essere utile un confronto. Vi aspettiamo online

    In evidenza

    Enneagramma e genogramma a Casa Serra

    Sabato 15 ottobre ti diamo appuntamento a Casa Serra Eco-Resort & Spa di Montegrosso Cinaglio (AT) in compagnia del prof. Carlo Alberto Calcagno per un interessante seminario volto ad approfondire il Genogramma e l’Enneagramma.

    Conduce il professor Carlo Alberto Calcagno esperto in risoluzioni delle liti con metodo alternativo al giudizio

    Una giornata intera all’insegna dello studio di Genogramma ed Ennegramma

    Lo splendido contesto naturale di Casa Serra farà da cornice all’evento

    Programma

    10:30

    Welcome Coffee e apertura lavori

    13:00

    Pranzo

    14:30

    Ripresa dei lavori

    18:00

    Conclusioni e aperitivo

    La  libertà  e  la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili

    La  libertà  e  la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili

    L’art. 15 della Costituzione prevede che “La  libertà  e  la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.

    La  loro  limitazione  può  avvenire  soltanto  per  atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.”

    Questa norma, ricordiamolo bene, è posta sistematicamente prima dell’art. 24 della Costituzione.

    E dunque per i padri costituenti la manifestazione del libero pensiero era più importante del diritto ad essere difeso.

    In sessant’anni di vita non ho mai compreso veramente la ratio dell’art. 15: quando studiavo al liceo Educazione civica, mi sembrava una regola di cui non percepivo l’utilità (nessuno apriva le mie lettere che arrivavano sempre a destinazione e potevo dire in pubblico quello che mi passava per la testa).

    Non mi consta poi che nei miei studi universitari di diritto costituzionale l’art. 15 sia stato adeguatamente valorizzato.

    Senonché mi è capitato di leggere ieri il d.m. firmato sulla sintesi e chiarezza degli atti processuali messo generosamente a  disposizione del prof. Cecchella (oggi DECRETO 7 agosto 2023, n. 110 Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell’articolo 46 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile. (23G00120) (GU n.187 del 11-8-2023) Vigente al: 26-8-2023)

    Secondo il mio modesto parere la normativa in oggetto pone dei limiti incompatibili con la norma costituzionale. Il legislatore non può arrogarsi tali poteri anche se il d.m. attua un articolo del Codice di procedura civile per cui valgono le stesse osservazioni.

    Non è questa la strada per deflazionare il contenzioso e non lo sarà mai, anche se ovviamente bisogna rispettarlo.

    Quanto sopra mi ha fatto peraltro venire in mente, chissà perché, un Ordine contenuto nel FOGLIO D’ORDINI DISPENSA 19 1936 ANNO XIV 11 MAGGIO.

    In questi giorni capisco pienamente perché i padri costituzionali scrissero quella norma e la sua importanza.

    E la cosa mi inquieta un poco, più che altro per i giovani che si troveranno a vivere in una società ultra controllata che nemmeno i film di fantascienza si sognano, dove è il denaro alla fine l’unica porta per rendere libero il proprio agire ed il proprio pensare.

    Dicevo dell’Ordine N. 161. Telegrammi “MILIT”, via Roma-Radio – marconigrammi “MIMAR”, via Coltano – Radio – (Gabinetto ) che qui trascrivo fedelmente.

    “Il Ministero delle Comunicazioni ha recentemente emanata una circolare riportante, opportunamente aggiornate,  le disposizioni che si applicano alle due categorie di corrispondenze in oggetto, estese anche nelle relazioni con la Libia e le Isole italiane dell’Egeo.

    CAP. 1° TELEGRAMMI MILIT.

    I telegrammi MILIT costituiscono una categoria speciale di corrispondenze a testo fisso, istituita per comunicazioni tra i militari dislocati in Africa Orientale, e le loro famiglie e i loro conoscenti in Italia, in Libia e nelle Isole italiane dell’Egeo . Sono pure ammessi come MILIT i telegrammi ( redatti come risulta dal Capitolo III seguente ), diretti ai Comandi militari nell’Africa Orientale, per chiedere notizie di militari dipendenti, ovvero licenze straordinarie in caso di morte di un genitore, o della moglie, o di un figlio di detti militari, e per comunicazioni da farsi ai militari stessi.

    Ai telegrammi MILIT si applicano le norme qui appresso indicate:

    I. TELEGRAMMI MILIT DALL’ITALIA, DALLA LIBIA E DALLE ISOLE ITALIANE DELL’EGEO PER MILITARI NELL’AFRICA ORIENTALE.

    1) Nei telegrammi suddetti il testo deve essere scelto fra uno dei testi fissi seguenti:

    Testo n . 1 – Tuo silenzio preoccupante , mandaci notizie .

    Testo n . 2 Ricevuto lettere, tutti bene, baci.

    Testo n . 3 Ricevuto telegramma, tutti bene, baci.

    Testo n. 4 Abbiamo sempre scritto, tranquillizzati, saluti.

    Testo n . 5 Inviato pacco con quanto richiesto, baci.

    Testo n. 6 Migliori auguri, affettuosità, saluti .

    Testo n . 7 Telegrafa notizie tua salute .

    Testo n . 8 Ricevuto vaglia, affettuosità, saluti.

    Testo n . 9 Ricevuto assicurata, affettuosità , saluti.

    Testo n . 10 Vaglia non pervenuto, provvedi, saluti.

    Testo n . 11 Assicurata non pervenuta, provvedi, saluti.

    Testo n . 12 Spedisci denaro, occorre urgenza , saluti.

    Testo n . 13 Spedito vaglia, scrivi saluti .

    Testo n . 14 Nato maschio, tutto bene, baci.

    Testo n . 15 Nata femminuccia, tutto bene, baci .

    Testo n . 16 Buon Natale, saluti, auguri.

    Testo n . 17 Buon Capodanno, saluti, auguri.

    Testo n . 18 Buona Pasqua, saluti, auguri.

    2) I telegrammi MILIT per l’Africa Orientale devono essere così compilati :

    a) portare come prima parola dell’indirizzo l’indicazione MILIT;

    b) l’indirizzo deve essere costituito dal grado, nome e cognome del destinatario, seguiti dall’indicazione dell’unità, ovvero reggimento, ovvero reparto autonomo, ovvero Regia nave, ovvero Stormo, ecc. cui egli appartiene, e dalla indicazione della Colonia ove il destinatario si trova : Eritrea o Somalia (esempio : Capitano Quintilio Riberi, terzo reggimento Genio, sesta compagnia Somalia).

    c) il testo deve essere indicato con le parole a testo otto e, ovvero «testo undici» , Ovvero «testo quindici» , ecc. cioè quello e è stato scelto dal mittente, e l’indicazione di tale testo espresso in lettere, non deve essere mai sostituito, tanto all’accettazione quanto nella trasmissione o ricevimento, col corrispondente numero in cifre;

    d) la firma ( eventuale) deve essere espressa con non più di tre parole.

    3) La tassa è fissa, ed è stabilita in L. 4 per ogni telegramma, qualunque sia il numero delle parole.

    4) Il numero delle parole da indicarsi nei preambolo è quello delle parole effettive.

    5) I telegrammi MILIT per l’Africa Orientale devono istradarsi su Roma per l’ulteriore inoltro via Roma-Radio. Nell’istradamento su Roma gli uffici di Tripoli e Bengasi provvederanno perché detti telegrammi siano inoltrati sempre per via cavo e non per via radio.

    In tutti i telegrammi MILIT il preambolo deve cominciare con le parole MILIT ERITREA (Ovvero MILIT SOMALIA).

    6) L’ufficio telegrafico coloniale di destinazione sostituisce le parole «testo otto», “ovvero testo undici» , ovvero a testo quindici, ecc ., con le corrispondenti parole del testo prescelto, e fa recapitare il telegramma al destinatario con le norme consuete.

    II . TELEGRAMMI MILIT SPEDITI DAI MILITARI DELL’AFRICA ORIENTALE, DIRETTI ALLE FAMIGLIE E CONOSCENTI IN ITALIA IN LIBIA E NELLE ISOLE ITALIANE DELL’EGEO .

    7 ) Nei telegrammi suddetti il testo deve essere scelto fra uno dei testi fissi seguenti:

    Testo n . 1 Giunto felicemente, sto bene, baci.

    Testo n. 2 Spedito vaglia, accusare ricevuta, baci .

    Testo n . 3 – Privo notizie telegrafate, saluti , baci.

    Testo n . 4 Auguri onomastico, sto bene, saluti .

    Testo n . 5 Condoglianze vivissime dolorosa perdita .

    Testo n . 6 Ricevuta posta, sto bene, baci.

    Testo n. 7 Tranquillizzatevi, scritto, sto bene, baci.

    Testo n . 8 Autorizzo quanto richiesto , saluti.

    Testo n . 9 Non autorizzo quanto richiesto, saluti .

    Testo n . 10 Ti penso , bacioni affettuosi, sto bene.

    Testo n . 11 Ricevuto pacco , grazie, saluti, baci .

    Testo n . 12 Salute ottima, baci, notiziate.

    Testo n . 13 Auguri compleanno, saluti affettuosi.

    Testo n . 14 Ricevuto vaglia, salute ottima.

    Testo n . 15 – Posta ritarderà , non preoccupatevi, sto bene.

    Testo n . 16 Buon Natale, saluti , auguri.

    Testo n . 17 Buon Capodanno, saluti, auguri.

    Testo 11 18 Buona Pasqua, saluti, auguri.

    Testo n . 19 Ricambio auguri, affettuosità, saluti.

    8) | telegrammi MILIT dall’Africa Orientale devono essere cosi compilati:

    a ) portare come prima parola dell’indirizzo l’indicazione MILIT;

    6 ) l’indirizzo deve essere compilato secondo le norme ordinarie;

    c ) il testo deve essere indicato con le parole a testo «cinque» ovvero « testo nove» , ecc ., cioè quello che è stato scelto dal mittente, e l’indicazione di tale testo espresso in lettere, non deve mai essere sostituita, tanto all’accettazione quanto nella trasmissione o ricevimento , col corrispondente numero in cifre;

    d) la firma (eventuale), deve essere espressa con non più di tre parole.

    9) La tassa è fissa, ed è stabilita in I. 4 per ogni telegramma, qualunque sia il numero delle parole.

    10 ) Il numero delle parole da indicarsi nel preambolo è quello delle parole effettive.

    11) I telegrammi MILIT dall’Africa Orientale devono istradarsi via Radio Asmara su Mogadiscio su Roma, che provvederà per l’ulteriore corso .

    In detti telegrammi MILIT il preambolo deve cominciare con la qualifica MILIT.

    12) L’ufficio telegrafico di destinazione sostituisce le parole a testo «cinque», ovvero «testo otto» le corrispondenti parole del testo prescelto, e fa recapitare il telegramma con le norme consuete.

    III. TELEGRAMMI MILIT SPEDITI AI COMANDI MILITARI DI REPARTO IN AFRICA ORIENTALE,

    13) Sono ammessi come telegrammi MILIT, con la tassa fissa di L. 4 per telegramma, i telegrammi spediti dai privati ai Comandi suddetti in Africa Orientale, per chiedere notizie di militari dipendenti, o per comunicazioni da farsi a detti militari, secondo risulta dai nove testi seguenti , opportunamente completati dai mittenti:

    a) Prego fornire notizie del.. (grado, nome e cognome del militare, indicazioni che sono da aggiungere dal mittente).

    b ) Madre del .…. ( c . s. )….. pericolo vita.

    c ) Padre del…. (c. s . )…. pericolo vita.

    d) Moglie del….. (c. s. )….. pericolo vita .

    e ) Figlio ( o figlio ) del….. (c. s . )….. pericolo vita .

    D) Madre del….. ( c . s . )….. deceduta.

    g) Padre del….. ( c. s. )…. deceduto .

    h ) Moglie del…. ( c. s. )….. deceduta .

    i ) Figlio (o) figlia del….. ( c .s. )….. deceduto .

    14) Anche per questi telegrammi MILIT valgono le norme degli articoli 2, lett. a) , 3, 4 e 5 della presente circolare.

    15 ) L’indirizzo deve essere costituito dalla indicazione precisa, dettagliata del Comando militare di reparto, dell’arma cui appartiene il militare di cui si chiedono od a cui si vogliono dare notizie, e dalla indicazione dilla Colonia di destinazione.

    16) Il testo deve essere scritto dai mittenti per esteso, e non deve mai essere sostituito con altra indicazione, ma essere trasmesso ugualmente e integralmente per esteso, in tutto il percorso.

    17 ) La firma (obbligatoria), completata se del caso dall’indirizzo del mittente, non deve contenere più di cinque parole.

    18) I telegrammi MILIT di cui al presente Capitolo, oltre che dai privati, possono essere spediti anche dai Comandi di Distretto e dai Comandi di Stazione dei CC. RR., limitatamente però per i testi di cui ai precedenti commi 1), g), h) i). Il testo di detti tele grammi deve essere completato dalla premessa «per licenza straordinaria alt» , e seguito dalle indicazioni del grado e nome del Comandante del Distretto o della Stazione dei CC . RR . La tassa di detti telegrammi deve essere pagata all’atto della presentazione.

    CAP. 2° MARCONIGRAMMI MIMAR.

    1) I marconigrammi MIMAR costituiscono un’altra categoria di corrispondenze a testo libero, istituita per comunicazioni scambiate con le proprie famiglie e conoscenti in Italia, in Libia e nelle Isole italiane dell’Egeo, da tutti i militari di terra, di mare e dell’aria, di qualsiasi Arma o Corpo, nonché dal personale femminile della Croce Rossa, che si trovino comunque imbarcati (destinati a prestar servizio o viaggianti) sulle navi mercantili che effettuano viaggi tra l’Italia e una Colonia italiana (Libia , Eritrea, Somalia italiana e Isole italiane dell’Egeo) e viceversa, ovvero tra una Colonia italiana e un’altra Colonia italiana).

    Tali marconigrammi non sono consentiti da e per il personale dell’equipaggio della nave, che appartiene al personale civile.

    Sono inoltre ammessi come MIMAR i marconigrammi spediti alle proprie famiglie e conoscenti in Italia, nonché alle Autorità politiche delle provincie di emigrazione, tanto nel viaggio di andata quanto in quello di ritorno, dagli operai autorizzati a trasferirsi in Africa Orientale, a scopo di lavoro, dal Commissariato per le migrazioni e la colonizzazione interna. Per quanto riguarda tali corrispondenze in senso inverso (terra -bordo), queste sono consentite purché di risposta o in relazione a marconigrammi portanti la medesima qualifica MIMAR provenienti da bordo. Se del caso, gli uffici accettanti possono chiedere ai mittenti, per i debiti accertamenti, l’esibizione di questi ultimi marconigrammi.

    2) I marconigrammi MIMAR sono ammessi alle condizioni seguenti :

    a) Devono portare prima dell’indirizzo l’indicazione MIMAR, devono essere redatti in lingua italiana, e contenere esclusivamente notizie di carattere famigliare o amichevole.

    b ) La tariffa è stabilita in L. 5 (compresa la tassa di ricevuta ) sino a undici parole, compresa l’indicazione MIMAR, più 50 centesimi per ogni parola oltre le undici.

    c ) L’indirizzo dei marconigrammi per le navi, se diretti a militari, deve contenere, dopo l’indicazione MIMAR, solo il grado, nome e cognome del destinatario ovvero solo grado e cognome senz’altra indicazione, e infine il nome della nave e della stazione costiera di appoggio di Coltano Radio. Nei marconigramma per il personale femminile della Croce Rossa, l’indicazione del grado nel l’indirizzo è sostituita con l’indicazione «Crocerossina», e infine in quelli per gli operai nessuna indicazione specifica è richiesta nell’indirizzo .

    Nei marconigrammi provenienti dalle navi l’indirizzo deve essere compilato secondo le norme ordinarie.

    d) Nessun servizio speciale è ammesso .

    e) I marconigrammi provenienti dalle navi per l’Italia possono eccezionalmente appoggiarsi ad altre stazioni costiere italiane, nel caso in cui il collegamento con Coltano non possa effettuarsi.

    Quelli per la Libia e le Isole italiane dell’Egeo possono eccezionalmente appoggiarsi a stazioni costiere della Libia o delle Isole italiane dell’Egeo, rispettivamente, ovvero ad altra stazione costiera italiana, quando il collegamento con Coltano non possa effettuarsi, ovvero quando tale istradamento risulti più conveniente per quanto riguarda la celerità.

    3) Gli uffici facciano presente ai mittenti che il viaggio delle navi dall’Italia per l’Africa Orientale ha la durata media di 7 giorni se diretto a Massaua, e di 15 giorni se diretto a Mogadiscio, e che i marconigrammi spediti dall’Italia oltre tali limiti di tempo, sono accettati con le debite riserve per quanto riguarda il recapito, che riesce pressoché impossibile quando i destinatari sono sbarcati a terra.

    Nel 1935 vigevano le stesse regole (nel 1936 vennero solo riproposte).

    La censura fascista sui soldati che venivano destinati in Africa era ferrea.

    Quando i militari arrivavano a destinazione (e per Massaua non ci mettevano 7 giorni, ma almeno 9) non potevano scrivere nelle missive che le cose non andavano per il verso giusto, e dovevano anche aggiungere frasi come “un bel giorno avremo la bella Vittoria”.

    Lo stato effettivo delle cose poteva essere descritto ed inviato solo per via traversa: ad es. si affidava una missiva ad un commilitone che per qualche motivo tornasse in Italia e potesse spedire la stessa per via ordinaria (magari da Napoli) e non da un comando militare.

    In queste missive che arrivavano pericolosamente a destinazione ed in quelle che venivano scritte sulle navi di trasporto (ove intuitivamente la censura non poteva pienamente operare se non per i telegrammi) i soldati davano istruzioni alle loro famiglie su che cosa scrivere se ci fossero stati dei problemi e su cosa si dovevano aspettare leggendo determinate frasi provenienti da Massaua o Mogadiscio, quando cioè i militi avevano raggiunto la loro destinazione.

    Ad esempio nella intestazione delle lettere che si inviavano, una volta arrivati, si scriveva ”Cara moglie” se le cose andavano bene (ma non era quasi mai così), mentre se si usava il nome di battesimo le cose andavano male e dunque l’unica cosa certa per chi riceveva la lettera era che il mittente in quella data fosse ancora vivo e che le cose non andavano al meglio.  

    Ogni soldato ovviamente si industriava in un modo diverso. La Storia è dunque fatta di lettere posticce scritte con “codici” di cui non avremo mai la chiave.

    Il marconigramma che presentiamo alla fine qui fu scritto dal sottotenente Luigi Schelotto a sua moglie Lena dal piroscafo Umbria.

    Foto del Piroscafo Umbria autoaffondato nel 1940

    Costò dieci volte una lettera ordinaria e aveva ovviamente un testo imposto.

    La qualifica MIMAR  che si legge riguardava appunto quello che il regime fascista indicava come un “testo libero” che di fatto era compilato come il telegramma MILIT, con le stesse frasi elencate nell’Ordine che abbiamo visto più sopra.

    L’indicazione “Coltano radio” significava appunto che quel messaggio veniva indirizzato e smistato dal Centro di Coltano che Marconi aveva fondato nel 1905 vicino a Pisa (https://fondoambiente.it/luoghi/stazione-radiotelegrafica-guglielmo-marconi-a-coltano?ldc)

    Da Pisa a Loano (SV) quel telegramma ci mise otto ore.

    Se non ci fosse stato Marconi le famiglie dei soldati non avrebbero avuto tempestiva notizia dei loro cari.

    Pensiamoci quando accendiamo il nostro PC e con un clic ci colleghiamo col mondo intero (almeno per ora).

    Stato dell’arte del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28

    E’ importante sottolineare che la Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 36 del 09.01.2023 ha dato come termine di partenza dell’art. 4 novellato, il 28 febbraio 2023 (ex L. n. 197 del 2022).

    L’estensore è Marinaro che è poi l’autore anche dell’articolo sul Sole24ore del 23 gennaio 2023 che richiama la data del 28 febbraio 2023.

    Quindi abbiamo una prima pronuncia della magistratura sull’entrata in vigore delle fattispecie non elencate specificatamente dall’art. 41 c. 1 del decreto legislativo 149/22 (che invece vanno pacificamente al 30 giugno 2023).

    In data 10 febbraio 2023 Normattiva ha aggiornato il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

    Cfr. https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2010-03-04;28!vig=

    Normattiva è la banca dati dell’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato che dovrebbe darci la certezza del diritto.

    Le modifiche tengono conto finalmente della legge finanziaria che ha novellato l’art. 41 delle norme transitorie del decreto 149/22 che a sua volta interviene sul decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.

    Dalla indicazione normativa parrebbe che alcune norme siano già entrate in vigore il 1° gennaio 2023, mentre altre entreranno in vigore il 30 giugno 2023 (salvo differimenti legislativi).

    Dico parrebbe perché il 1° gennaio 2023 si ricava solo dall’intestazione della norma: coloro che aggiornano la banca dati usano per lo più (v.ad es. art. 8-bis) sibilline indicazioni: “Il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, non prevede più (con l’art. 41, comma 1) che la modifica di cui al presente articolo si applica a decorrere dal 30 giugno 2023.”

    Si è poi succeduta la Circolare del Ministero della Giustizia Prot. n. 0001924 del 28-02-2023 da cui si evince la data del 28/2/2023 anche se si fa riferimento alla negoziazione assistita.

    Vi è infine stata il 1° marzo 2023 la seguente comunicazione del Ministero della Giustizia”

    “Ieri, 28 febbraio, l’entrata in vigore della riforma del processo civile, dopo l’anticipazione decisa nell’ultima legge di bilancio. Si tratta di una delle riforme abilitanti per il Pnrr, con l’obiettivo di ridurre del 40% in cinque anni la durata dei processi, abbattere l’arretrato e razionalizzare i diversi modelli processuali. Una riforma di sistema, necessaria per rispettare gli impegni con l’Europa e andare incontro alle esigenze di cittadini e imprese.

    Le innovazioni sono accompagnate da assunzioni di personale amministrativo (5mila unità programmate nel 2023), oltre al futuro ingresso di altri 8mila addetti dell’Ufficio per il processo, come stabilito nel Pnrr; tre nuovi concorsi in magistratura previsti per l’anno in corso (due dei quali anche con l’uso dei pc, per velocizzare le correzioni delle prove); un’accelerazione sulla digitalizzazione (oltre 200 i progetti destinati agli uffici giudiziari nei prossimi anni) e significativi investimenti sull’edilizia (326 al momento i cantieri aperti in tutt’Italia, per un investimento di oltre 50 milioni).

    Dopo l’entrata in vigore già il 1 gennaio 2023 del rinvio pregiudiziale in Cassazione, della riforma del giudizio in Cassazione e delle modalità alternative di tenuta delle udienze civili, diventano ora operativi – tra l’altro – il nuovo rito ordinario; una valorizzazione delle forme di giustizia alternativa (mediazione, negoziazione assistita, arbitrato) il rito semplificato; una semplificazione per i giudizi in materia di lavoro; le modifiche sulla volontaria giurisdizione; il rito unico per i procedimenti di famiglia (con la possibilità di presentare domanda di separazione giudiziale e contestualmente di divorzio); le nuove competenze per i giudici di pace. Rimane invece al 2024 l’istituzione del Tribunale per le persone, i minorenni e per la famiglia.

    “Una giustizia poco efficiente e non rispettosa del principio costituzionale della ragionevole durata dei processi – ha più volte ricordato il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio – costa all’Italia circa 1,5/2 punti di Pil”. Dal 2015 al 2022, tra indennizzi e spese previsti dalla legge Pinto (per i risarcimenti per l’eccessiva durata dei processi), lo Stato ha speso oltre 781 milioni di euro.”

    Anche da questa comunicazione sembra evincersi che per mediazione, negoziazione assistita ed arbitrato la data di entrata in vigore è il 28 febbraio 2023.

    E dunque sembrerebbe che alcune norme del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 (quelle non espressamente indicate dall’art. 41 del decreto legislativo 10 ottobre n. 149) siano entrate in vigore il 28 febbraio 2023.

    Stesso discorso vale per la negoziazione assistita: ciò che non è previsto espressamente dall’ultimo comma dell’art. 41 è entrato in vigore il 28 febbraio 2023.

    Senza una modifica del decreto ministeriale 180/10 tuttavia potremo andare poco lontano anche al 30 giugno 2023 e di ciò è ben conscio anche il legislatore (v. il dossier parlamentare sulla finanziaria).

    Inoltre si rileva che la legge si limita a sanzionare la mancata partecipazione senza giustificato motivo. Non vi sono invece sanzioni per chi affronta nell’aula di mediazione la condizione di procedibilità senza osservare le nuove indicazioni che entreranno in vigore al 30 di giugno 2023.

    Nel testo qui sotto oltre alle considerazioni ministeriali, si sono lasciati comunque i riferimenti anche ai pareri che nei giorni scorsi sono stati forniti dal CNF, dal Sole24ore e dal dossier parlamentare di commento del comma 380 della finanziaria, che invece indicavano l’entrata in vigore delle norme non previste dall’art. 41 c. 1 al 28 febbraio 2023/1° marzo 2023.

    État de l’art du décret législatif 4 mars 2010 n. 28

    Il est important de souligner que la Cour d’appel de Naples avec la sentence n ° 36 du 09.01.2023 a donné comme point de départ de l’art. 4 novellato, 28 février 2023 (ex L. n. 197 de 2022).

    L’auteur est Marinaro qui est également l’auteur de l’article sur Sole24ore du 23 janvier 2023 qui rappelle la date du 28 février 2023.

    Nous avons donc une première décision du pouvoir judiciaire sur l’entrée en vigueur des cas non spécifiquement énumérés par l’art. 41 c. 1 du décret législatif 149/22 (qui va paisiblement jusqu’au 30 juin 2023).

    Le 10 février 2023, Normattiva a mis à jour le décret législatif n° 28 du 4 mars 2010.

    Voir https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2010-03-04;28!vig=

    Normattiva est la base de données de l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato qui devrait nous donner une sécurité juridique.

    Les amendements tiennent enfin compte de la loi de finances qui a renouvelé l’art. 41 des règles transitoires du décret 149/22 qui, à son tour, intervient sur le décret législatif 4 mars 2010 n. 28.

    D’après l’indication réglementaire, il semblerait que certaines règles soient déjà entrées en vigueur le 1er janvier 2023, tandis que d’autres entreront en vigueur le 30 juin 2023 (à l’exception des reports législatifs).

    Je dis-le semblerait parce que le 1er janvier 2023 ne dérive que de l’intitulé de la norme: ceux qui mettent à jour la base de données utilisent principalement (v.ad par exemple l’art. 8-bis) des indications de sibilline: « Le décret législatif du 10 octobre 2022, n.  149, tel que modifié par L. 29 décembre 2022, n. 197, ne prévoit plus (avec l’art. 41, paragraphe 1) que la modification visée au présent article s’applique à compter du 30 juin 2023. »

    Puis a suivi la circulaire du ministère de la Justice Prot. n. 0001924 du 28-02-2023 à partir duquel la date du 28/2/2023 peut être déduite même s’il est fait référence à la négociation assistée.

    Enfin, le 1er mars 2023, la communication suivante du ministère de la Justice a eu lieu :

    « Hier, 28 février, entrée en vigueur de la réforme du processus civil, après l’anticipation décidée dans la dernière loi de finances. Il s’agit de l’une des réformes habilitantes du PNRR, dont l’objectif est de réduire la durée des procès de 40 % en cinq ans, de réduire l’arriéré et de rationaliser les différents modèles de procédure. Une réforme du système, nécessaire pour respecter les engagements avec l’Europe et répondre aux besoins des citoyens et des entreprises.

    Les innovations s’accompagnent du recrutement de personnel administratif (5 000 unités prévues en 2023), en plus de l’entrée future de 8 000 autres employés de l’Office pour l’essai, tel qu’établi dans le PNRR; trois nouveaux concours dans le système judiciaire prévus pour l’année en cours (dont deux également avec l’utilisation de PC, pour accélérer les corrections des tests); une accélération de la numérisation (plus de 200 projets pour les bureaux judiciaires dans les années à venir) et  des investissements importants dans la construction (326 chantiers sont actuellement ouverts dans toute l’Italie, pour un investissement de plus de 50 millions).

    Après l’entrée en vigueur dès le 1er janvier 2023 du renvoi préjudiciel à la Cour de cassation, la réforme de l’arrêt de la Cour de cassation et les modes alternatifs de tenue des audiences civiles, le nouveau rite ordinaire devient désormais opérationnel – entre autres – ; une valorisation des formes alternatives de justice (médiation, négociation assistée, arbitrage) le rite simplifié ; simplification des jugements en matière de travail; les changements apportés à la compétence volontaire; le rite unique pour les procédures familiales (avec la possibilité de présenter une demande de séparation de corps et en même temps de divorce); les nouvelles compétences des juges de paix. Au lieu de cela, la création de la Cour pour les personnes, les mineurs et les familles reste en 2024.

    « Une justice peu efficace et qui ne respecte pas le principe constitutionnel de la durée raisonnable des procès – a rappelé à plusieurs reprises le ministre de la Justice, Carlo Nordio – coûte à l’Italie environ 1,5/2 point de PIB ». De 2015 à 2022, entre les indemnités et les dépenses prévues par la loi Pinto (pour l’indemnisation de la durée excessive des procès), l’État a dépensé plus de 781 millions d’euros.

    Il ressort également clairement de cette communication que pour la médiation, la négociation assistée et l’arbitrage, la date d’entrée en vigueur est le 28 février 2023.

    Et par conséquent, il semblerait que certaines dispositions du décret législatif n° 28 du 4 mars 2010 (celles qui ne sont pas expressément indiquées par l’article 41 du décret législatif n° 149 du 10 octobre) soient entrées en vigueur le 28 février 2023.

    Il en va de même pour la négociation assistée : ce qui n’est pas expressément prévu par le dernier alinéa de l’art. 41 est entré en vigueur le 28 février 2023.

    Sans modification du décret ministériel 180/10, cependant, nous ne pourrons pas aller loin même le 30 juin 2023 et le législateur en est également bien conscient (voir le dossier parlementaire sur le financier).

    En outre , il convient de noter que la loi ne fait que sanctionner la non-participation sans motif justifié. En revanche, il n’y a pas de sanctions pour ceux qui font face à la condition de recevabilité dans la salle de médiation sans observer les nouvelles indications qui entreront en vigueur le 30 juin 2023.

    Dans le texte ci-dessous, outre les considérations ministérielles, il a également été fait référence aux avis qui ont été rendus ces derniers jours par le CNF, le Sole24ore et le dossier parlementaire commentant le paragraphe 380 du budget, qui indiquait plutôt l’entrée en vigueur des règles non prévues par l’art. 41 c. 1 au 28 février 2023/1er mars 2023.

    State of the art of Legislative Decree 4 March 2010 n. 28

    It is important to underline that the Court of Appeal of Naples with sentence no. 36 of 09.01.2023 gave as a starting point of art. 4 novellato, February 28, 2023 (ex L. n. 197 of 2022).

    The author is Mr. Marinaro who is also the author of the article on Sole24ore of 23 January 2023 which recalls the date of 28 February 2023.

    So we have a first ruling of the judiciary on the entry into force of the cases not specifically listed by art. 41 c. 1 of Legislative Decree 149/22 (which instead go peacefully to 30 June 2023).

    On 10 February 2023 Normattiva updated Legislative Decree no. 28 of 4 March 2010.

    See https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2010-03-04;28!vig=

    Normattiva is the database of the Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato that should give us legal certainty.

    The amendments finally take into account the finance law that has renewed the art. 41 of the transitional rules of Decree 149/22 which in turn intervenes on Legislative Decree 4 March 2010 n. 28.

    From the regulatory indication it would seem that some rules have already entered into force on 1 January 2023, while others will enter into force on 30 June 2023 (except for legislative deferrals).

    I say it would seem because January 1, 2023 is derived only from the heading of the standard: those who update the database mostly use (v.ad eg art. 8-bis) sibilline indications: “The Legislative Decree 10 October 2022, n.  149, as amended by L. 29 December 2022, n. 197, no longer provides (with art. 41, paragraph 1) that the amendment referred to in this Article shall apply from 30 June 2023.”

    Then followed the Circular of the Ministry of Justice Prot. n. 0001924 of 28-02-2023 from which the date of 28/2/2023 can be deduced even if reference is made to assisted negotiation.

    Finally, on 1 March 2023, the following communication from the Ministry of Justice took place”

    “Yesterday, February 28, the entry into force of the reform of the civil process, after the anticipation decided in the last budget law. This is one of the enabling reforms for the PNRR, with the aim of reducing the duration of trials by 40% in five years, reducing the backlog and rationalizing the different procedural models. A reform of the system, necessary to meet the commitments with Europe and meet the needs of citizens and businesses.

    The innovations are accompanied by the recruitment of administrative staff (5 thousand units scheduled in 2023), in addition to the future entry of another 8 thousand employees of the Office for the trial, as established in the PNRR; three new competitions in the judiciary scheduled for the current year (two of which also with the use of PCs, to speed up the corrections of the tests); an acceleration on digitalisation (over 200 projects for judicial offices in the coming years) and  significant investments in construction (326 construction sites are currently open throughout Italy, for an investment of over 50 million).

    After the entry into force already on 1 January 2023 of the reference for a preliminary ruling to the Court of Cassation, the reform of the judgment in the Court of Cassation and the alternative methods of holding civil hearings, the new ordinary rite now becomes operational – among other things – ; an enhancement of alternative forms of justice (mediation, assisted negotiation, arbitration) the simplified rite; simplification of labour judgments; changes to voluntary jurisdiction; the single rite for family proceedings (with the possibility of submitting a request for judicial separation and at the same time for divorce); the new competences for justices of the peace. Instead, the establishment of the Court for persons, minors and families remains in 2024.

    “A justice that is not very efficient and does not respect the constitutional principle of the reasonable duration of trials – the Minister of Justice, Carlo Nordio has repeatedly recalled – costs Italy about 1.5/2 points of GDP”. From 2015 to 2022, between compensation and expenses provided for by the Pinto law (for compensation for the excessive duration of the trials), the State spent over 781 million euros.”

    Also from this communication it seems to be clear that for mediation, assisted negotiation and arbitration the date of entry into force is February 28, 2023.

    And therefore it would seem that some provisions of Legislative Decree no. 28 of 4 March 2010 (those not expressly indicated by Article 41 of Legislative Decree no. 149 of 10 October) entered into force on 28 February 2023.

    The same goes for assisted negotiation: what is not expressly provided for by the last paragraph of art. 41 entered into force on 28 February 2023.

    Without an amendment to Ministerial Decree 180/10, however, we will be able to go not far even on 30 June 2023 and the legislator is also well aware of this (see the parliamentary dossier on the financial).

    Furthermore , it should be noted that the law merely penalises non-participation without justified reason. On the other hand, there are no sanctions for those who face the condition of admissibility in the mediation room without observing the new indications that will enter into force on 30 June 2023.

    In the text below, in addition to ministerial considerations, references have also been left to the opinions that in recent days have been provided by the CNF, the Sole24ore and the parliamentary dossier commenting on paragraph 380 of the budget, which instead indicated the entry into force of the rules not provided for by art. 41 c. 1 to 28 February 2023/1 March 2023.

    Gesetzesdekret geändert am 4. März 2010, n. 28

    Stand der Technik des Gesetzesdekrets 4. März 2010 n. 28

    Es ist wichtig zu betonen, dass das Berufungsgericht von Neapel mit Urteil Nr. 36 vom 09.01.2023 als Ausgangspunkt Art. 4 novellato vom 28. Februar 2023 (ex L. n. 197 von 2022) gegeben hat.

    Der Autor ist Marinaro, der auch der Autor des Artikels auf Sole24ore vom 23. Januar 2023 ist, der an das Datum des 28. Februar 2023 erinnert.

    Wir haben also eine erste Entscheidung der Justiz über das Inkrafttreten der Fälle, die nicht ausdrücklich in der Kunst aufgeführt sind. 41 c. 1 des Gesetzesdekrets 149/22 (die stattdessen friedlich bis zum 30. Juni 2023 gelten).

    Am 10. Februar 2023 aktualisierte Normattiva das Gesetzesdekret Nr. 28 vom 4. März 2010.

    Siehe https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2010-03-04;28!vig=

    Normattiva ist die Datenbank des Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, die uns Rechtssicherheit geben soll.

    Die Änderungen berücksichtigen schließlich das Finanzgesetz, das die Kunst erneuert hat. 41 der Übergangsbestimmungen des Dekrets 149/22, das wiederum auf das Gesetzesdekret vom 4. März 2010 Nr. 28 eingreift.

    Aus den regulatorischen Angaben geht hervor, dass einige Vorschriften bereits am 1. Januar 2023 in Kraft getreten sind, während andere am 30. Juni 2023 in Kraft treten werden (mit Ausnahme von Gesetzgebungsverschiebungen).

    Ich sage, es scheint, weil der 1. Januar 2023 nur von der Überschrift der Norm abgeleitet ist: Diejenigen, die die Datenbank aktualisieren, verwenden hauptsächlich (v.ad z. B. Art. 8-bis) Zischlautangaben: “Das Gesetzesdekret vom 10. Oktober 2022, n.  149, geändert durch L. 29. Dezember 2022, n. 197, sieht (mit Art. 41 Absatz 1), dass die in diesem Artikel genannte Änderung ab dem 30. Juni 2023 gilt.”

    Dann folgte das Rundschreiben des Justizministeriums Prot. n. 0001924 vom 28.02.2023, aus dem das Datum des 28.2.2023 abgeleitet werden kann, auch wenn auf unterstützte Verhandlungen Bezug genommen wird.

    Schließlich erfolgte am 1. März 2023 die folgende Mitteilung des Justizministeriums:

    “Gestern, am 28. Februar, trat die Reform des Zivilprozesses in Kraft, nachdem die im letzten Haushaltsgesetz beschlossene Vorwegnahme beschlossen wurde. Dies ist eine der notwendigen Reformen für die PNRR, mit dem Ziel, die Dauer der Versuche innerhalb von fünf Jahren um 40 % zu verkürzen, den Rückstand zu verringern und die verschiedenen Verfahrensmodelle zu rationalisieren. Eine Reform des Systems, die notwendig ist, um die Verpflichtungen gegenüber Europa und die Bedürfnisse der Bürger und Unternehmen zu erfüllen.

    Die Neuerungen gehen einher mit der Einstellung von Verwaltungspersonal (5.000 Einheiten, die für 2023 geplant sind) sowie der künftigen Einreise weiterer 8.000 Mitarbeiter des Amtes für den Prozess, wie in der PNRR festgelegt; drei neue Auswahlverfahren im Justizwesen, die für das laufende Jahr geplant sind (zwei davon auch mit dem Einsatz von PCs, um die Korrekturen der Tests zu beschleunigen); eine Beschleunigung der Digitalisierung (über 200 Projekte für Justizämter in den kommenden Jahren) und  erhebliche Investitionen in den Bau (derzeit sind 326 Baustellen in ganz Italien geöffnet, was einer Investition von über 50 Millionen entspricht).

    Nachdem das Vorabentscheidungsersuchen an den Kassationsgerichtshof bereits am 1. Januar 2023 in Kraft getreten ist, die Reform des Urteils des Kassationsgerichts und die alternativen Methoden der Durchführung von Zivilverhandlungen ist der neue ordentliche Ritus nun unter anderem in Kraft getreten; eine Verbesserung alternativer Rechtsformen (Mediation, Verhandlungshilfe, Schiedsgerichtsbarkeit) des vereinfachten Ritus; Vereinfachung der Arbeitsurteile; Änderungen der freiwilligen Gerichtsbarkeit; der einheitliche Ritus für Familiensachen (mit der Möglichkeit, einen Antrag auf Trennung ohne Auflösung des Ehebandes und gleichzeitig auf Scheidung zu stellen); die neuen Zuständigkeiten für Friedensrichter. Stattdessen bleibt die Einrichtung des Gerichtshofs für Personen, Minderjährige und Familien im Jahr 2024 bestehen.

    “Eine Justiz, die nicht sehr effizient ist und den Verfassungsgrundsatz der angemessenen Dauer von Prozessen nicht respektiert – hat Justizminister Carlo Nordio wiederholt in Erinnerung gerufen – kostet Italien etwa 1,5/2 Punkte des BIP”. Von 2015 bis 2022 gab der Staat zwischen Entschädigung und Ausgaben, die im Pinto-Gesetz vorgesehen sind (für die Entschädigung für die übermäßige Dauer der Prozesse), über 781 Millionen Euro aus.

    Auch aus dieser Mitteilung scheint klar hervorzugehen, dass für Mediation, unterstützte Verhandlungen und Schiedsverfahren das Datum des Inkrafttretens der 28. Februar 2023 ist.

    Daher scheint es, dass einige Bestimmungen des Gesetzesdekrets Nr. 28 vom 4. März 2010 (diejenigen, die nicht ausdrücklich in Artikel 41 des Gesetzesdekrets Nr. 149 vom 10. Oktober angegeben sind) am 28. Februar 2023 in Kraft getreten sind.

    Gleiches gilt für die Verhandlungsbegleitung: was nicht ausdrücklich im letzten Absatz der Kunst vorgesehen ist. 41 trat am 28. Februar 2023 in Kraft.

    Ohne eine Änderung des Ministerialerlasses 180/10 werden wir jedoch auch am 30. Juni 2023 nicht weit gehen können, und der Gesetzgeber ist sich dessen auch sehr wohl bewusst (siehe das parlamentarische Dossier zum Finanzen).

    Darüber hinaus  ist zu beachten, dass das Gesetz lediglich die Nichtteilnahme ohne berechtigten Grund unter Strafe stellt. Auf der anderen Seite gibt es keine Sanktionen für diejenigen, die im Mediationsraum mit der Bedingung der Zulässigkeit konfrontiert sind, ohne die neuen Hinweise zu beachten, die am 30. Juni 2023 in Kraft treten werden.

    Im nachstehenden Text wurde neben ministeriellen Erwägungen auch auf die Stellungnahmen verwiesen, die in den letzten Tagen vom CNF, dem Sole24ore und dem parlamentarischen Dossier zur Stellungnahme zu Ziffer 380 des Haushaltsplans abgegeben wurden, in denen stattdessen auf das Inkrafttreten der in Art. 41 c. 1 bis 28. Februar 2023/1. März 2023.

    Due considerazioni a caldo sulla delega in materia di mediazione familiare

    Penso che abbiamo perso una buona occasione. Sia la disciplina della mediazione civile e commerciale sia quella della negoziazione assistita prevedono che ci sia un obbligo di informativa in capo agli avvocati. Al comma 23 lett. f del d.d.l. AS 1662 si prevede che le parti debbano presentare col ricorso anche un piano genitoriale che è ben descritto. Si poteva aggiungere che gli avvocati hanno l’obbligo di informare i propri clienti della possibilità di partecipare ad una mediazione familiare, visto che quello di aiutare le parti a formare un piano genitoriale rientra appunto nei compiti del mediatore familiare.

    Occasione sprecata ed è un vero peccato.

    Sprecata perché alla Camera metteranno la fiducia su una delega che è poi confusionaria anche per altri motivi.

    Non si capisce se l’obbligo di inserire la possibilità di partecipare alla mediazione nel decreto di fissazione dell’udienza abbia gli stessi presupposti dell’invito del giudice relatore; alla lettera non ce li ha perché il primo è condizionato all’assenza dei reati enumerati dalla Convenzione di Istanbul (Violenza psicologica, Atti persecutori (Stalking), Violenza fisica, Violenza sessuale, compreso lo stupro, Matrimonio forzato, Mutilazioni genitali femminili, Molestie sessuali, Aborto forzato e sterilizzazione forzata, Favoreggiamento o complicità e tentativo) e di provvedimenti cautelari e l’invito del relatore si basa invece sull’assenza di violenza domestica e di genere (nozione questa decisamente più larga di quelle enumerate nei delitti di cui agli artt. 33 e ss. della convezione ricomprendendo ad es. anche la violenza economica o comportamenti “non appropriati” nei confronti delle donne) che possono peraltro essere facilmente strumentalizzate dalle parti nelle cosiddette allegazioni.

    Sembra dunque che la mediazione familiare su invito del giudice (che è la più comune in Europa) venga resa ancora più difficoltosa di quella che è già oggi in virtù di una attenzione alla violenza che già faceva parte del patrimonio genetico del mediatore familiare (almeno nel nostro paese, ma ci sono invece paesi ove vigono principi opposti, dobbiamo ricordarlo).

    Il legislatore sembra poi dimenticare che addirittura in caso di maltrattamenti il giudice attualmente ai sensi dell’art. 342 ter del Codice Civile può inviare le parti ad un organismo di mediazione: la contraddizione con il rispetto della convenzione che esclude conciliazione e mediazione mi pare allo stato palese.

    Avevamo poi l’occasione di estendere, come in altri paesi, sia la mediazione familiare con riferimento ai soggetti (in genere ai dissidi tra parenti tutti) sia con riferimento ai “conflitti” (come ad es. in Germania); noi siamo rimasti invece alla mediazione su lite tra coniugi.

    Potevamo inserire un primo incontro effettivo di mediazione obbligatoria e non l’abbiamo fatto: non si capisce perché visto che in Europa esiste quasi dappertutto.

    Potevamo dare alle parti la possibilità di scegliere tra il tentativo di conciliazione e la mediazione per approfondire quel piano genitoriale che magari poteva essere carente (si baserà invece probabilmente su un formulario inutile depositato in tutta fretta) e invece tutto quello che abbiamo saputo fare è dare la facoltà alle parti di rifiutare detto tentativo.

    Poi si è dato al giudice la possibilità di modificare il piano genitoriale dimenticando ancora la mediazione: gli esseri umani non rispettano gli accordi che non sono presi da loro ed è questo un dato di fatto che tutti gli operatori del diritto e della psicologia conoscono.

    Facciamo poi riferimento alla legge 4 del 2013 che dice tutto e niente: avremo quindi mediatori che in linea di principio possono anche non aver svolto nessun corso di formazione, visto che la legge 4 non prevede alcun adempimento (l’attività e libera) né alcuna formazione; si richiama la norma UNI ma se il mediatore non è certificato a che serve il richiamo? Non certo a garanzia dei consumatori. Potrò solo cercare di dimostrarlo in causa che ho seguito le norma UNI quando ho fatto un bel pastrocchio in una materia così delicata.

    In quanto a tariffe poi ogni mediatore potrà stabilire quelle che vuole in base proprio alla legge 4/13; non è obbligatorio seguire poi nessun codice deontologico (anche se la norma della delega lo richiama) visto che se non sei aderente alle associazione rappresentativa nessuna associazione può importi obblighi. Chi vigila su di te? Solo il giudice quando hai fatto danni.

    Solo gli iscritti alle associazioni possono poi far parte dell’elenco presente in ogni tribunale e quindi ci saranno mediatori associati in tribunale con certe garanzie e mediatori “liberi” fuori.

    Ma non è stato previsto alcun raccordo tra l’obbligo del giudice di indicare con la fissazione d’udienza anche la possibilità di mediazione e l’elenco tribunalizio e ciò vale anche per l’invito del giudice relatore. Si dice solo che le parti possono scegliere nell’elenco dei mediatori familiari ma non si specifica a seguito di che.

    In ultimo non si comprende perché ai mediatori familiari sia imposto di studiare il diritto di famiglia per legge: i mediatori studiano già psicologia, sociologia, diritto e tante altre cose. Richiamare solo il diritto e lo studio delle norme sulla violenza porta a pensare i profani che l’attività del mediatore – peraltro non definita ancora una volta dalla legge – sia quella di fare da controllore sulla tutela dei minori e sulla violenza contro le donne e la violenza domestica.

    Col che mi taccio.

    Enneagramma e Genogramma a Morsasco

    Il 12 settembre 2021 condurrò la prossima giornata di studi sull’Enneagramma e Genogramma nel grande giardino del castello di Morsasco, un maniero meraviglioso circondato dal suo borgo medievale che si trova a circa 9 km da Acqui Terme. Quel che mi ha sempre intrigato di questo luogo è la leggenda legata al capostipite della casata ovvero ad Aleramo. Si dice che si fosse innamorato e fosse ricambiato da Adelasia, figlia dell’imperatore Ottone I di Sassonia. Ma come dirlo all’Imperatore? Di sicuro avrebbe opposto un rifiuto. Fuggirono così nel territorio di Acqui Terme, lei su un cavallo bianco e lui su un cavallo rosso. Ma il destino fu imprevedibile perché al contrario Ottone perdonò i due amanti e concesse ad Aleramo tante terre quante egli fosse riuscito a percorrerne cavalcando senza sosta. Egli usò tre cavalli. Il territorio che egli percorse è il Monferrato: tale nome deriva appunto da mun (mattone) e da frà (ferrare), ovvero dai mattoni utilizzati per ferrare i tre cavalli che Aleramo cavalcò. Il numero 3 è la base fondamentale dell’Enneagramma per mille motivi.

    La giornata sarà strutturata in due momenti: il primo, nella mattinata, in cui fornirò le nozioni fondamentali per la conoscenza dello strumento, utili per individuare il proprio enneatipo, ossia il proprio carattere tra i 9 possibili. L’individuazione è di fondamentale importanza poiché permette alle persone di riflettere sulla bontà o meno del loro modo di interagire con gli altri.

    Il senso dello studio dell’Enneagramma è quello di smussare le parti negative della personalità che ci limitano o ci impediscono di vivere a pieno le nostre relazioni. Se conosciamo il nostro enneatipo peraltro possiamo approfondire anche quello degli altri con risultati proficui per la relazione.

    Se ad esempio so che il mio partner è un enneatipo 1 so pure che conosce benissimo i suoi errori e che quindi non sarebbe opportuno da parte mia sottolinearli (lo manderei solo più in crisi), ma piuttosto che è meglio consolarlo o comunque elogiare i suoi pregi. So anche che potrebbe essere geloso di chi mi circonda, che non lo fa per cattiveria, ma perché si sente spesso inadeguato ed in realtà mi ama tanto; so pure che ha bisogno di tempo per eseguire un compito al meglio e che io devo concederglielo se voglio ottenere i risultati che mi soddisfino. E dunque la conoscenza dell’Enneagramma può aiutarmi a stare in armonia cogli altri.

    Nel secondo momento, durante il pomeriggio, si approfondisce il Genogramma, un particolare tipo di albero genealogico formato da tre sole generazioni che consente alle persone di comprendere a quale enneatipo appartengano e quindi di “sentire” durante una breve ricostruzione delle loro relazioni in tenera età con la propria famiglia quali siano i propri valori, credenze e criteri.

    Ognuno di noi porta sulle spalle uno zaino in cui ci sono tutta una serie di esperienze che senza saperlo continua a praticare anche dopo l’uscita dalla famiglia d’origine. Aprire lo zaino ci aiuta a rivalutare il nostro passato e a guardare il futuro con ottimismo. 

    L’origine dell’Enneagramma è molto incerta, la si fa risalire talvolta agli antichi Veda, o ai Sumeri e pare che anche Omero, Pitagora e Platone lo conoscessero. Nel mondo occidentale venne diffuso nel ‘900 da Gurdjieff e  dal suo allievo Ouspensky; dagli anni ‘60 dal sociologo Oscar Ichazo e dagli anni ’80 dal suo allievo, lo psichiatra Claudio Naranjo.

    Ah dimenticavo. Io sono Carlo Alberto Calcagno, un avvocato genovese che si occupa da vent’anni della risoluzione delle liti con metodi alternativi al giudizio, sia come mediatore che come formatore. Ho ricevuto incarichi in varie università italiane (Pavia, Genova e Roma) ed ho formato centinaia di mediatori italiani. Il mio lavoro ha risonanza nazionale grazie anche alla pubblicazione di sei volumi sulla materia, ma è conosciuto e apprezzato anche all’estero tanto che sono membro per l’Italia dell’International Mediation Council con sede a Parigi.

    Il seminario è rivolto dunque a tutti coloro che vogliono approfondire la conoscenza della propria personalità e il loro modo di interagire in pubblico e in privato.

    La giornata prevede la possibilità di una pausa pranzo nel giardino e la visita del castello (entrambe a metà del percorso) .

    È necessario prenotare. Per ulteriori informazioni: tel.3343769833, castellodimorsasco@gmail.comwww.castellodimorsasco.it

    Allego qui comunque il programma dettagliato della giornata e vi attendo numerosi.

    Scellerato è chi si affida all’attuale processo

    Ho letto due articoli del collega Iuri Maria Prado e sono rimasto basito.

    Non posso farli passare sotto il mio silenzio e del resto non ho fiducia alcuna nella redazione di Libero per un diritto di replica.

    Ne va della della mia scelta di vita e quando si tocca la vita delle persone non può che esserci una reazione: questa è la mia che posso sostenere se occorre dati alla mano in qualunque tribunale.

    Uno degli articoli che stigmatizzo qui è del 15 aprile 2021 ed è intitolato <<E’ scellerato smaltire l’arretrato per affidare i processi al “mediatore”>>; l’altro è del 29 aprile 2021 ed è intitolato “I diritti del cittadino diventano teorici”.

    Già i titoli sono tutto un programma: nemmeno nel 2010 quando la mediazione è stata introdotta ho letto tanta acredine contro l’istituto.

    Peraltro non ne capisco nemmeno la ragione. A differenza dell’avv. Prado ho letto cose interessanti nel PNRR in merito all’ADR, ma quale sia la realtà in termini di provvedimenti legislativi non si sa.
    Non si sa ad esempio come sia cambiato l’impianto del d.l. Bonafede nel testo licenziato dalla Commissione.
    Ricordo che con i dati delle mediazioni 2020 quello sciagurato testo si porterebbe via 42.157 procedure.
    Tanto per dare un’idea di che cosa significhi questo, nel 2018 le mediazioni europee conosciute sono state 166.307 (di cui 151.923 italiane) e gli accordi sono stati 23.567 (di cui 20.903 italiani).
    Ancora nel parere della Commissione giustizia sul PNRR si parla solo della negoziazione assistita ed il Parlamento si è limitato per ora a riunire il d.l. Bonafede ad un altro sull’arbitrato forense.
    E visto che è scaduto il termine per gli emendamenti e non si vedono nemmeno emendamenti, non capisco dove il collega abbia recepito le sue fonti per assumere che l’Italia affidi il processo alla mediazione (magari lo facesse!): non c’è niente di pubblico. Oppure ci sono giuristi in Italia che sanno e giuristi che non possono sapere?

    Non comprendo in ogni caso come un avvocato come me possa avere una opinione così distante dalla mia sulla mediazione.

    Non lo comprendo in primo luogo perché entrambi abbiamo studiato e studiamo la legge e sappiamo bene che l’istituto della mediazione è arrivato nel nostro paese per forte impulso di una Direttiva europea, la 52/08. Non è dunque nato come i funghi nel 2010 per uno sghiribizzo del Governo italiano.

    Non solo, ma entrambi sappiamo bene che il processo dalle origini è sempre stato a carattere misto: il giudice ha sempre richiesto dalla XII tavole in poi un intervento del conciliatore (avo dell’attuale mediatore) o dell’arbitro.

    Basta studiare un poco di diritto romano ed entrambi lo abbiamo studiato.

    La Direttiva 52/08 precisa che vi debba essere equilibrio tra processo e mediazione e che la mediazione costituisce accesso alla giustizia. Non è nulla di nuovo sotto il sole perché già Giustiniano aveva la stessa opinione.

    Semmai abbiamo sprecato molti secoli per inseguire la chimera processuale senza avere il consenso popolare, non certo per aver cercato la concordia.

    Attualmente 26 su 27 paesi UE hanno aderito alla Direttiva.

    In Europa esistono 83.000 mediatori che aiutano gli stati a deflazionare – spesso mettendoci del proprio –  il contenzioso e non sono delle persone qualunque.  Il mediatore è in Europa un soggetto laureato, iscritto nel registro dei mediatori, spesso certificato dal Ministero della Giustizia o da altre Istituzioni per conto del Ministero, che ha svolto un corso di base in mediazione di un certo numero di ore e che è assoggettato a formazione continua per un dato numero di ore o di eventi. Gli si chiede di rispettare un Codice deontologico e di avere esperienza professionale.

    In alcuni stati si pretende anche la copertura assicurativa (Austria, Belgio, Danimarca, Italia per gli avvocati iscritti presso gli Organismi COA, Paesi Bassi, Spagna)

    Più o meno tutti gli stati richiedono che il mediatore sia ineccepibile dal punto di vista comportamentale e morale.

    In Italia il mediatore civile e commerciale – che peraltro in buona parte dei casi è avvocato – opera almeno dal 1993 anche se prima si chiamava conciliatore. Solo nel 2020 ha gestito oltre 125.000 controversie. Il tasso di successo è del 28,7% quando le parti decidono di sedersi intorno al tavolo e di mediare.

    Da una analisi a campione risulta al Ministero della Giustizia che il tasso di successo sale al 46,7% se le parti accettano di sedersi al tavolo della mediazione
    anche dopo il primo incontro introdotto con la L. 98/2013

    La mediazione dura poche ore.

    Quali sono invece i risultati del processo? Il collega descrive un processo che reca soddisfazione ai cittadini; mi domando in che foro lavori, non di sicuro nel mio.

    Attualmente l’efficacia dell’applicazione della sentenza in Italia è dello 0,34 (su un massimo di 1; dato WJP). Sempre che la sentenza arrivi visto che per tre gradi di giudizio in materia civile e commerciale – e sono dati forniti dal nostro Governo all’Europa – nel 2018 ci sono voluti 7 anni e 21 giorni.

    Crede l’esimio collega che un cittadino possa aspettare tanto per ottenere poi così poco? Io credo di no.

    Peraltro solo in primo grado ci sono oltre 2 milioni di cause di primo grado (dato Cepej 2008) di cui non si occupa nessuno, perché i 7.037 giudici (il numero è lo stesso del 1907) non sono dei superuomini; qualcuno deve aiutarli e il mediatore aiuta a comporre le liti in tempi ridottissimi.

    Il collega ci vuole raccontare che si doveva insistere su un processo che non dà risposte; non cita i dati economici che escludono la possibilità per l’Italia di incrementare la macchina processuale.

    Noi abbiamo il peggior debito pubblico ante covid dopo la Grecia.

    Lo stato stanzia già per la giustizia le maggiori somme tra i 27 dopo la Germania.

    Su 5.776 milioni di euro che il Ministero ha utilizzato per la giustizia nel 2018, ben 3.916 sono già destinati allo stipendio dei magistrati e al personale delle cancellerie.

    Il resto è destinato al pagamento dei giudici non togati, a pagare affitti e bollette dei tribunali, a far fronte ai gratuiti patrocini che con la pandemia sono diventati esponenziali visto lo stato di povertà dilagante.

    Non ci sono soldi per aumentare le dotazioni del processo. E le cause civili e commerciali di minore entità tra l’altro aumentano anche perché il contributo unificato da noi è troppo basso.

    Se non ci fosse la mediazione a tamponare in Italia saremmo tornati all’ordalia. Non si può che aumentarne la portata se si vuole salvare il paese.

    Tutta la mia solidarietà al Ministro Cartabia.

    ItalianoStoria

    Materiali per lo studio della Lingua e Letteratura Italiana, della Storia e delle Arti

    INMEDIAR

    Istituto Nazionale per la Mediazione e l'Arbitrato - Organismo di Mediazione iscritto al n° 223 del registro tenuto presso il Ministero della Giustizia

    Monica Poletti

    Interior design is our passion

    Via senza forma

    Amor omnia vincit

    telefilmallnews

    non solo le solite serie tv

    Briciolanellatte Weblog

    Navigare con attenzione, il Blog si sbriciola facilmente

    Vincenzo Dei Leoni

    … un tipo strano che scrive … adesso anche in italiano, ci provo … non lo imparato, scrivo come penso, per ciò scusate per eventuali errori … soltanto per scrivere … togliere il peso … oscurare un foglio, farlo diventare nero … Cosa scrivo??? Ca**ate come questo …

    Versi Vagabondi

    poetry, poesia, blog, love, versi, amore

    Marino Cavestro

    avvocato mediatore

    ANDREA GRUCCIA

    Per informazioni - Andreagruccia@libero.it

    beativoi.over-blog.com

    Un mondo piccolo piccolo, ma comunque un mondo

    Carlo Galli

    Parole, Pensieri, Emozioni.

    Theworldbehindmywall

    In dreams, there is truth.

    giacomoroma

    In questo nostro Paese c'è rimasta soltanto la Speranza; Quando anche quest'ultima labile fiammella cederà al soffio della rassegnazione, allora chi detiene il Potere avrà avuto tutto ciò che desiderava!

    Aoife o Doherty

    "Fashions fade style is eternal"

    PATHOS ANTINOMIA

    TEATRO CULTURA ARTE STORIA MUSICA ... e quant'altro ...

    farefuorilamedusa

    romanzo a puntate di Ben Apfel

    La Via della Mediazione

    Perché niente è più costante del cambiamento

    Psicologia per Famiglia

    Miglioriamo le relazioni in famiglia, nella coppia, con i figli.

    centoceanidistorie

    Cento pensieri che provano a prendere forma attraverso una scrittura giovane e ignorante, affamata solo di sfogo.

    ognitanto|racconto

    alberto|bobo|murru

    vtornike

    A topnotch WordPress.com site

    Dale la Guardia

    It's up to us on how to make the most of it.

    proficiscorestvivo

    A blog about travel and food - If you don't know where you're going, any road will take you there.

    postnarrativacarrascosaproject.wordpress.com/

    Postnarrativa.org è un Blog di scrittura onde far crescere limoni e raccogliere baionette, Blog sotto cura presso CarrascosaProject

    Parole a passo d'uomo

    di Cristiano Camaur

    Italia, io ci sono.

    Diamo il giusto peso alla nostra Cultura!

    tuttacronaca

    un occhio a quello che accade

    poesiaoggi

    POETICHE VARIE, RIFLESSIONI ED EVENTUALI ...

    Iridediluce

    “I libri si rispettano usandoli.” U. Eco

    Paolo Brogelli Photography

    La poesia nella natura

    TheCoevas official blog

    Strumentisti di Parole/Musicians of words

    valeriu dg barbu

    ©valeriu barbu

    Ombreflessuose

    L'innocenza non ha ombre

    existences!

    philo poétique de G à L I B E R

    mediaresenzaconfini

    ADR a 360 gradi Conciliazione, mediazione , arbitrato, valutazione neutrale, medarb e chi ne ha più ne metta